COMMENTI di P. Pistoia (premessa), P.F. Bianchi e F. Gherardini ALLA POESIA “LA SOLITA ONDA”, postata, insieme ad altre 13, anche nel post “Poesie di caccia e Natura”; a cura di Piero Pistoia

Caro Francesco Gherardini,

mi piacerebbe che tu leggessi il mio commento alla poesiola allegata, “La solita onda”, quando hai un po’ di tempo e voglia, che vorrebbe tentare di “trasferire” l’onda iniziale umana, descritta all’inizio, a l’intero l’Universo . . . tramite un linguaggio simbolico inventato e criptico trasferendo simboli dalla mitologia, dalla paleontologia e altro, modificando in qualche modo i significati, Se scriverai qualcosa (in positivo o in negativo), come ha fatto il nostro amministratore Pier Francesco (leggere sopra), ti ringrazio in anticipo.

pieropistoia

LA SOLITA ONDA -> LA FILOSOFIA -> LA SCIENZA -> L’UNIVERSO

UN PREGEVOLE E POETICO SALTO!!

Del dott. prof. Francesco Gherardini

DOTT. PROF. FRANCESCO GHERARDINI

“PRECISAZIONE PERSONALE, DIDATTICA-CULTURALE-FORMATIVA, SU COME PUO’ PROCEDERE UNA RICERCA SCIENTIFICA”; premessa epistemologica ad un esempio ipotetico-corroborativo allegato, esteso ed articolato, a svariate voci qualificate (Luigi Bagagli, Massimo Magni, Piero Pistoia ed altri); a cura del dott. Piero Pistoia

PREMESSA

COMUNICAZIONE DIDATTICA-CULTURALE A TAGLIO EPISTEMOLOGICO SU COME PUO’ PROCEDERE UNA RICERCA SCIENTIFICA IN PARTICOLARE IN AMBITI SCOLASTICI (con un ESEMPIO ESPLICATIVO a più voci, tramite link interno al blog, al termine della seguente precisazione);

Abbiamo voluto dare a questo breve intervento epistemologico e, almeno nella nostra intenzione, un taglio didattico-culturale o se vogliamo di media divulgazione. Secondo noi la comunicazione culturale di questo tipo ha il dovere di guidare il lettore attraverso tutte le fasi della scoperta caricando il processo delle emozioni umane che di fatto si susseguono nell’attività di ricerca reale, anche se di questa umanità poi si perde traccia nella stessa stesura asettica del lavoro scientifico rivolto ai ricercatori per i ricercatori. L’articolo scientifico infatti, afferma Dario Antiseri, (per leggere ancora su questo epistemologo, cliccare sul tag del suo nome nel blog), è una frode, non rappresenta cioè il reale percorso denso di ostacoli, di delusioni, di ipotesi false e tormenti, ma anche di gioie nel successo e quindi ricco di umanità e educativamente pregnante. Purtroppo poi la stessa frode viene regolarmente calata nei processi di comunicazione didattico-culturale o divulgazione a tutti i livelli, aspetto ben più grave perché interessa la sfera educativa e il pensiero dei giovani. Basta ascoltare i semplici e chiari raccontini sulla scienza dei grandi divulgatori sui mass media, ripuliti di tutti i punti interrogativi, fondati tutti su un’unica ipotesi, spesso neppure esplicitata, che poi ineluttabilmente risulterà ‘vera’, come dicono loro. Il filosofo Campanella affermava che “Rerum natura cognoscere difficile quidem est, at modum cognoscendi longe difficilius”; infatti la comunicazione in discipline come, per es., la Fisica, la Matematica, la Chimica, la stessa Geologia, l’informatica…, presuppone per il fruitore la conoscenza di linguaggi specifici. Il nostro intervento invece è una successione di tentativi, idiosincrasie ed errori che procede e si ‘costruisce’ con la ricerca e con il pathos che la guida, in interazione continua fra teoria ed osservazione, aggiustando il tiro nell’andare. La nostra frontiera della scoperta e tutte le frontiere presentano le stesse caratteristiche qualitative. Infatti Il Terzo Mondo (o Mondo 3) di Karl Popper (per saperne di più cliccare sul tag del suo nome dal blog), il mondo platonico della Cultura umana, ha la frontiera densa di incastri a guisa di richiami possibili per processi e scoperte futuri, quasi che le nuove idee siano sollecitate dalla stessa cultura che acquisisce così vita autonoma. Ogni gruppo di ricerca partecipa ad una parte del Terzo Mondo con una propria frontiera. Anche il nostro ha il suo Terzo Mondo che, pur meno stringente e qualificato di altri nelle Accademie, possiede la sua frontiera della scoperta e spesso frontiera della riscoperta (nei processi comunicativi di cultura) meno densa di incastri di richiamo e quindi più densa di possibili percorsi non lineari e talora di ritorno. Si impedisce così che la scienza si riduca a racconto e mera narrazione ‘vera’, che ostacola la memorizzazione, elimina la storia, distorce il reale percorso del pensiero dei ricercatori e non insegna nulla. Una cosa però la insegna: ad avere certezze e eliminare il dubbio; ma qualcuno ha detto: chi possiede certezze tiene nascoste in una tasca anche le chiavi delle camere a gas! Da non dimenticare, infine, quello che diceva Charles Bukowski (anche se elemento, per altri versi, poco affidabile), riportato all’inizio di questo blog! “I citrulli sono pieni di certezze e gli intelligenti di dubbi”. In sintesi, secondo noi, non è tanto importante, nella comunicazione e divulgazione culturale, raggiungere l’obbiettivo o descrivere l’obbiettivo già raggiunto (o comunque non solo), quanto quello di studiare e approfondire il percorso, che è sempre ricco di sottigliezze culturali altrimenti non percepibili, emozioni e stimoli creativi e si apre continuamente al “non lineare”. Procederemo con questa convinzione cercando di formulare una successione di ipotesi-argomentazioni critiche- falsificazioni nuovi problemi (un metodo), utilizzando naturalmente gli strumenti razionali (base culturale) e di laboratori (quando disponibili), ma, quello che conta, rimane invariato ed è il metodo scientifico.

Anche In tutti i miei numerosi articoli di analisi statistica, alcuni riportati in questo blog, anche studi di migliaia di dati, sostenuti da numerosi programmi, da docente educatore e non da semplice tecnico, per me era importante e formativo specialmente il fare riflettere sugli svariati percorsi interni per raggiungere i risultati, per cui, le numerose linee dei programmi si alternavano, almeno ad altrettante riflessioni e commenti. Non era così importante il risultato quanto la formazione della mente ragionativa! Non si fa un programma sui dati a disposizione solo per scoprire qualcosa che non si sapeva! Concludiamo dicendo che questi miei post per l’analisi statistica insegnano a fare, nella nostra intenzione, per lo più, questo tipo di ricerca usando i diversi programmi statistici disponibili (QBasic, R, Wolfram, SPSS..)

N.B. Per chiarire meglio l’intervento iniziale, leggere, ancora in questo blog, un esempio interessante a più voci qualificate, fortemente articolato ed esteso e forse neppure conclusivo, cliccando, per es., il tag: “Strani coni nel Giardino di Riparbella”, in CERCA, dal sito ilsillabario2013.wordpress.com.

dott. Piero Pistoia

MEMORIA, MEMORIA…Poesie di Piero Pistoia: post rivisitato; segue commento “Un poetare che fa rivivere il passato” scritto di Andrea Pazzagli

Vedere su questo blog anche “Sperimentazione poetica; a cura di Paolo Fidanzi”

Curriculum di piero pistoia:

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PREMESSA NECESSARIA

Per capire meglio questi scritti è necessario precisare che Aquilata non è (o al tempo non era) un piccolo paese, ma solo tre case con solo due piccoli poderi e tutto il resto, macchia mediterranea spontanea ovunque si volga lo sguardo e, per avere idea della zona, sul monte Iquila, vicino a fronte neanche una casa! Dei tre bambini nominati, se ben ricordo, in piena guerra mondiale solo l’autore frequentava la scuola elementare, pluriclasse in casa privata a Massaciuccoli e poi quarta e quinta a Balbano in una scuola dello stato, gli altri lavoravano, per cui gli incontri erano rari e saltuari ed i giochi primitivi ed improvvisati, anche se, di fatto, importanti per la memoria. In quel periodo lontano per l’autore era più un giocare personale con la fantasia  fra le erbe, fra i sassi,  i filari di viti, il salire sugli alberi di leccio, la cerca di nidi…I miei ricordi, pure lontani, ma della scuola media, invece, relativi a quando ritornammo   a Pisa, bombardata dagli americani,  coperta di macerie, appena finita la  seconda guerra mondiale, i miei ricordi, dicevo, assomigliano, ma privi  però di nostalgia, a quelli riportati  nel blog  scritto dal collega Pier Francesco Bianchi  con il titolo “Brevi riflessioni sulla poesia  “memoria, memoria…”. Ma di questo secondo tempo mi rimane grande nostalgia invece per la vita nella Parrocchia  di San Marco alle Cappelle, con coetanei che ricordo ancora con amicizia e affetto (leggere “Ricordi lontani”). Forse ognuno naturalmente ha i suoi ricordi, se le esperienze sono diverse! ma per scrivere  anche un solo verso, ci vuole anima e nostalgia

1-MEMORIA MEMORIA… (con prologo ed epilogo)
2-TEMPI LONTANI DI SCUOLA
3-LA CASA D’INFANZIA

1-PROLOGO DI CARLO MOLINARO

“C’è una morte anche prima”, afferma il poeta emergente Carlo Molinaro, torinese (Lo Specchio N 135, 22-agosto-1998) e prosegue elencando alcune di queste piccole “morti”:

La distanza che si dilata
o la forza che manca per traversare.
Forse una barriera
che si chiude.
Un desiderio spento
lascia, come un falò,
una traccia sporca
sulla pioggia del greto!”

Piccole morti si nascondono anche nella nostalgia irrisolta delle poesie che seguono.

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MEMORIA, MEMORIA…

Memoria, memoria …
da mezzo secolo ed oltre.
Franchino di Nortola 1,
Giovannino ed Elsa d’Aquilata 2
(o forse Graziella?), ed io,
bimbi dei boschi.
Memoria, memoria …
della casa di roccia,
nella cima radicata 3.
Fiaschi, freschi di fonte di Rotelli 6,
d’acqua lontana di macchia e di macigno.
Sentieri di rupe e di fatica.
Gridi scalzi di bimbi
sulla radura di menta e nepitella.

Memoria, memoria …
La gara a salire il leccio nodoso,
la cerca dei nidi,
rincorse fra file di viti
a caccia di nuvole ed arcobaleni.
Il tasso barbasso improvviso.
Alto, lanoso, giallo splendente.

Verbascum thapsus L (1)

                                                                   fto di FRANCO ROSSI

Lontano d’autunno tramontana
portava branchi di colombi alla Crocetta 4,
e ai Ceracci 5 passeri in nuvole.
Spari di mio padre
e poi a casa per mano… orgoglioso.
Allora il fringuello scandiva le stagioni.

Ed … i passaggi nel cielo!

Memoria, memoria …
i bimbi dei boschi ognuno per la sua strada
e silenzio per oltre mezzo secolo.
Oggi, d’autunno
(la tramontana porta ancora colombi),
per caso passo di lì,  (7)
vecchio bimbo di quei boschi.
Sulla cima una villa,
latrati di cani (a catena?),
la strada asfaltata,
in fondo la sbarra … serrata.

I colombi hanno perso la strada.

Memoria, memoria …
memoria ritrovata,
memoria perduta … per sempre.

Piero Pistoia

1 Nortola, scendendo verso est, piccolo podere a mezza costa fra Aquilata e Balbano (Lu)

2 Aquilata, collina scoscesa coperta da boscaglie, di fronte al monte Iquila, a strapiombo sul lago di Massaciuccoli verso il mare, a ridosso del paese omonimo e con solamente tre case.

3 La “casa che la cima radica e comprende”, della poesia “TEMPI LONTANI DI SCUOLA” dello stesso autore.

4 Incrocio di sentieri a mezza costa.

5 Posto imprecisato ad est nella macchia.

6 Lungo il viottolo impervio che scendeva ad ovest verso Quiesa.

(7) Osservazione dallo scavalco-spartiacque Balbano-Massaciuccoli, fra Aquilata  e Iquila

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EPILOGO DI CARLO MOLINARO

Ma certamente, prima o poi…,

“Porterà
a valle tutto una piena d’autunno”.

Fto Piero Pistoia

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Fiume Cecina in Autunno (fto di Piero Pistoia)

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2-TEMPI LONTANI DI SCUOLA

Dal poggio isolato,
a scuola,
attraverso la macchia.
Di sasso e di spine la via.

Su rude macigno.
marucole 1 in fiore.
Fatica di pensiero.

Stilla e spina il ricordo lontano:
paure,
preghiere,
scoscesi sentieri
nella vita e nel cuore.
Il “cervo volante” (3)
l’archètipo-insetto.

Animava l’oggetto l’attesa.

Una voce che chiama:
mia nonna.
Un affetto perduto.

Aquilata 2
si dicea quel monte
e quella casa,
che la cima radica e comprende,
ove tanto della vita persi
e tanto guadagnai. (4)

(Piero Pistoia)

1 Marucole: si tratta di strane ginestre con lunghi e robusti aculei (Ulex europeus), alte fino a due metri, diffuse su parte del poggio di Aquilata che, dove sono,  rendono la macchia impenetrabile.

2 Aquilata: vedere nota 2 della precedente poesia.

(3) Coleottero della famiglia dei Lucanidi, Lucanus cervus

(4) Guadagnai i  ‘suoni’ ed misteri della macchia e la determinazione per la sopravvivenza!

3-LA CASA D’INFANZIA

Vecchi muri (1)
spolverano
ricordi.
Nel centimetro
nascose la vita
albe remote.

Quale speranza?

Allora
vecchie e giovani
madri
curavano
i figli.
Sudava il padre
l’albero
alla macchia.

Mute grida
feriscono l’aria
di vite sofferte.

Noi,
la speranza!

Ora i muri
non lasciano pace
nel vuoto
dello spazio antico.
D’umano
calce e sasso
densi trasudano
emozioni.

Noi,
in barbara terra
estirpate radici!

Estinta la casa
stringe l’oggetto ed il cuore,
memoria si perde,
si spenge il bagliore,
singhiozzano tenui parole.

Noi,
quale fine?!

(1) Si parla della casa in Aquilata

(Piero Pistoia)

UN POETARE CHE FA RIVIVERE IL PASSATO; di Andrea Pazzagli

da continuare

Queste poesie di Piero Pistoia che evocano momenti della sua, ormai lontana, infanzia, i tempi della guerra e dello sfollamento, non sono per me nuove: ebbi infatti la fortuna di leggerle molti anni fa, poco dopo che Piero le aveva composte. Anche nomi che vi compaiono e le località che designano, in particolare Aquilata, non mi sono nuovi: ricordo che, parlando di Gerfalco, Piero fece cenno proprio ad Aquilata, località che, nel nome evocano qualcosa di arcano come gli uccelli, i loro voli, i loro nidi, difficilmente raggiungibili. Ricordo che questi versi mi colpirono particolarmente per la loro capacità di far sentire ancora vivente qualcosa di lontano, che il tempo ha cercato di strapparci, di gettare nell’oblio, ma che la parola poetica riesce come per miracolo a far risorgere quasi che tornasse quell’Allora. la medesima impressione la provo ora, anche più intensa, perché molto tempo è passato, tante cose sono successe, eppure quelle parole, quelle impressioni, vivono ancora. Ho letto qualche anno fa un libro del filosofo Rocco Ronchi (libro nel quale questo studioso cercava di delineare un percorso delle storie del pensiero diverso da quello corrente). Tra le altre cose che sosteneva vi era l’affermazione secondo cui il bambino molto piccolo prova una serie di sensazioni e di impressioni che solo in parte, divenuto adulto, ricorderà; anche quelle apparentemente dimenticate restano nel sub-inconscio ed è soltanto la parola poetica che può riportarle alla luce cancellando il muro dell’oblio che il tempo ha frattanto costruito. Come ho detto prima i versi di Piero mi colpirono e mi colpiscono profondamente. Forse perché tutti abbiamo ricordi che portano alla luce anche se poi, non siamo capaci di farlo. Ma forse anche per il linguaggio poetico di Piero che a me sembra rispecchiare quello di importanti poeti nella prima metà del novecento, poche parole tuttavia capaci di dire tante cose e toccarci nell’anima.

RACCONTI DI INGIUSTIZIE DI VITA – scritti del dott. Piero Pistoia; con commenti dei docenti Andrea Pazzagli e Pier Francesco Bianchi

PREMESSA ai versi di satira irriverente di Piero Pistoia

con lettera-commento-consigli dell’insegnante Andrea Pazzagli e mail-commento dell’insegnante Pier Francesco Bianchi (Amministratore del blog)

PERCHE’ UNO SCRITTO SUL ‘SARCASMO DI PIAZZA’ SULL’ESEMPIO DEL CELEBRE PASQUINO, LA STATUA “PARLANTE” DEL PERIODO ELLENISTA (III sec. a.C. n.) ?

La decisione di scrivere con rabbia qualcosa sul Sarcasmo di Piazza nasce in particolare da due situazioni, personali secondo interpretazioni soggettive del sottoscritto, simultanee negative che, in sinergia, mi crearono un forte disagio interno. La prima situazione, se risolta, in qualche modo avrebbe riparato e o mitigato una sconfortevole seconda situazione psicologica che, come accenna Andrea Pazzagli nella sua lettera-commento, messo al centro del post, leggibile sotto, si situa al livello “di un punto di vista violentemente antropocentrico”.

Prima situazione – Un particolare evento relativo ad un fantasioso editto su come costruire i giardinetti di paese che in pratica non avrebbe permesso, con spiate di controllo, di trasformare arbusti mediterranei al nostro confine, in grandi alberi (praticamente si voleva conformare il paese in zone condominiali) e fu la goccia che fece traboccare il vaso! Questo anche per rispettare le raccomandazione europee di arricchire anche i giardini privati di grandi alberi. Ma specialmente perché, a mio avviso, un giardino circondato da grandi alberi, anche trasformati da cespugli o arbusti, è un primo passo del procedere verso la costruzione di “posti” per gli dèi, cioè zone magiche e sacre che aiutano a spengere i dolori e le ingiustizie della vita.

Seconda situazione – Un background che attraversa tutta la mia vita lavorativa e non solo e dura tutt’oggi, una situazione psicologica, pesante dentro, che derivava da aver sopportato, nella mia percezione, per molto tempo un perverso e complesso mobbing a varie vie, costruendo anche fatti ad hoc progettando trappole – come far leggere, per criticare, i miei scritti didattici (schede, questionari, appunti…alcuni di questi scritti sono riportati in questo blog) a colleghi meno qualificati, scritti miei questi ultimi spesso pubblicati su riviste scientifiche a direzione accademica! . . .e molto altro ancora più penoso – mobbing (a varie vie), dicevo, promosso da un gruppetto stabile di ‘brave persone’ sedicenti colonne della scuola e della cultura (sic!), in un ambiente di lavoro di molti pendolari, con attacchi, anche sarcastici, gratuiti dietro le spalle solamente e senza possibilità di difesa, e quando capitava, con corrispondenti malevolenze su di me, sia interne all’ambiente stesso (genitori, alunni e, nel tempo, perfino docenti pendolari, nuovi presidi, pure pendolari, persone dell’Usl e del provveditorato, persino ispettori . . .), sia sulla piazza, a colpi di sarcasmo, in questo caso da parte di ceffi piazzaioli di zona, sul falso costruito ad hoc, opportunamente informati. Come quando – nel contempo ero stato nominato preside incaricato dell’Istituto – detti il permesso ad alcuni alunni di entrare 10 minuti più tardi (necessario per accordi con l’azienda dei trasporti), passando vicino ad una porta sentii qualcuno che contattava il provveditorato denunciando, con voce eccitata, questa mia decisione; ma, questa volta, sentii chiaramente, dalla risposta quasi urlata, che gli fu sbattuta , come si dice, la porta in faccia. Potrei continuare a narrare di flake news, senza alcun intervento di fatto, naturalmente!!! O quando sentii il solito gruppetto, venendo a sapere di una mia probabile nomina a preside incaricato, consigliare ad un altro insegnante, una persona corretta e di valore (questa volta!), di intervenire presso il provveditorato per impedire la nomina; chiaramente l’altro affermò con forza che non voleva essere in nessun modo coinvolto in questa tresca meschina. Per non parlare di molte altre svariate accuse studiate ad hoc, con astio, sempre gratuite, appiccicandomi addosso etichette che non sono le mie e non lo sono mai state!. . . .e sappiamo tutti che cosa accade se passano di bocca in bocca….Per andare avanti, però, bisognava stringere i denti, sopportare e dare concorsi su quasi tutte le discipline scientifiche e vincerli! cosa che, a denti stretti, io ho fatto; non cosa da poco a quel tempo, dove era quasi impossibile superarli, prima dei famigerati corsi abilitanti, superati da tutti, e molto altro ancora a mio favore (per es., anche pubblicazioni di svariate decine di miei articoli scientifici e didattici in riviste a direzione universitaria e diffusione nazionale e, . . . alla frontiera della scuola. . . preparazione accurata delle lezioni con appunti e questionari corretti in classe e a più riprese risomministrati, ri-spiegazioni all’infinito e molti alunni consapevoli, ormai uomini, se le ricordano ancora, interazioni dirette con gli alunni e fra gli alunni (Bruner) per facilitare l’apprendimento in classe . . . vedere curriculum dell’autore e alcuni suoi scritti in questo blog).

L’autore fu iscritto all’albo professionale dei docenti di provincia (PI) per l’insegnamento in qualunque Scuola Secondaria Superiore, di praticamente tutte le discipline scientifiche, come da certificazione posseduta.

Leggere anche l’ “EPILOGO” nel post “Quarant’anni all’ITIS di Pomarance” scritto dalla prof.ssa Ivana Rossi

Però quando fu il tempo di andare in pensione, non avevo più denti da stringere per dare il concorso a preside!!! anche se a lungo preparato. Ma, se crediamo alla teoria della “Profezia che si auto-adempie”, mi sono conquistato, in compenso, con la mia determinazione, ma, in special modo, con gli stimoli, la stima e l’affetto e la comprensione della mia grande compagna della vita, Gabriella Scarciglia – che ha contribuito anche a mantenere unita e in buono stato la nostra famiglia, fino ad ora, per ben 57 anni! e 58 il nove gennaio 2014 – mi sono conquistato, dicevo, delle belle “s-palle-quadrate” e sono ancora in azione, anche se con un po’ d’amaro in bocca, ormai senza denti . . . da stringere! 

Oggi quasi al termine della vita (più di 86 anni), infatti, finalmente sono riuscito a circondarmi da cespugli e arbusti della macchia mediterranea diventati veri alberi giganti (Rhamnus alaternus, Viburnum tinus, Pistacea lentiscus, la Phyllirea angustipholia (Lillatro), l’antico migrato dal nord Laurus nobilis ed altre specie ospitate come Prunus laucerasus, . . naturalmente anche con alberi già esistenti cipressi, tigli e lecci, l’acero ‘trilobo’ e altri alberi importati da lontano. Oggi, all’inizio (da via del Poderino) della strada Don Mazzolari, proprio davanti al nostro muro verde, sembra affacciarsi (lo spero) anche qualcosa di simile a riformare “due argini di verde, liberi, a fare anima”, e, proprio oggi, ormai vecchio, ho ripercorso nella mente la storia di questo sofferente scritto, vedere dopo, forse al limite della poesia, modificandolo per l’ultima volta. La fine della storia avverrà però quando avremo terminato la costruzione del nostro giardino dove gli dei, nella mia mente, saranno tornati a mitigare, per poi spengere, rabbie e sofferenze per noi.

Da continuare….

LA LETTERA_COMMENTO_CONSIGLI

dell’insegnante Pazzagli

PRIMO GIUGNO A POMARANCE

IL SARCASMO DI PIAZZA

Versi di satira irriverente di Piero Pistoia, suggerita da un personale sentire

Breve libello in risposta al tacito ‘Editto condominiale esteso’ per uniformare i giardinetti di paese

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Sono a Pomarance tutto il giorno oggi.

In via Mazzolari due argini di verde.

Liberi a fare anima.

Gli uomini piccoli ricamano geometrie

in giardini pelati rapati costretti.

Come le idee. Quelle loro. Naturalmente.

Macchia mare cielo rispettano forme!

non geometrie.

Galileo aveva forse torto!? (1)

Ma qualcuno farà la spia. Certamente.

In questo paese. Anche sul nulla.

Più che altrove. Forse.

Vedere qualsiasi sia è confermare (2).

In questo paese ideatore di Etica.

Col sarcasmo di piazza.

Ricòniugano, sempre a colpa,

parole e atteggiamenti.

Il Certo al servizio dell’aspettativa.

Il Vero dell’invidia (3).

La Cultura del potere (4).

La Presunzione della ricchezza.

E giurano :<<La Norma è questa!!!

se non è così si brucia’ i libri!>>:

In chi, assiduo, lo cerca alberga il Male.

In chi lo vede. Spesso.

Più che altrove. Certamente.

Per meno di trenta denari. Molto meno.

Prima che il gallo canti.

Arriverà la guardia femmina con la sola Ragione.

Sua e del Codice. Le è congeniale.

Divino Ermes dove sei nascosto!? (5)

La stagione è avanzata per le piante.

Forse rimanderemo a Settembre.

Non prometto nulla. Farò quello che posso.

In questo ambito senza contesto!

NOTE

  1. Da questi giardinetti gli dei migrano in cerca di ‘posti’ (non geometrie) dove nascondersi e Ermes ne traccia i sentieri, ‘annusando’ il magico e il sacro nella Natura.
  2. Nel processo di conoscenza, non si deve cercare di verificare ipotesi, ma di falsificarle! perché questo è il solo percorso logico verso la Verità, vista come concetto regolativo (K. Popper)
  3. Diventa Vero ciò che ‘inventa’ l’invidia.
  4. Potere è Cultura e indirizza la Cultura ai suoi fini. Ma il Potere non assimila a sé solo la Cultura! Circola in paese uno slogan :“Potere è Podere”. Non so che cosa significhi esattamente. Ma qualcosa significa di sicuro!
  5. Ermes umanizza il dio apollineo (Apollo) della ragione e della bellezza, solari e codificate, fornendo i suoi nuovi codici estetici.

Se vogliamo capire il senso di Posto sacro nei giardini, leggere il Post “Poesie di ‘Cose’ del Mito”. In questo blog.

Ma

“Anche se vieni da altri ferito nulla ti serve a legartela al dito, perché, sovente, chi umilia di più vorrebbe avere le cose che hai tu!!! da GIROSBLOG” e, d’altra parte…”OMNIA MEA MECUM SUNT!” dai LATINI. Inoltre qualcuno ha anche detto “se conosci i tuoi nemici e conosci te stesso supererai tutte le battaglie” e mi viene, da nonno, anche a mente il motto della Folgore (uno dei miei nipoti, dopo 4 anni nella Folgore, vince il concorso, ed ora lavora nella Polizia di Stato): <<VINCE SEMPRE – CHI PIU’ CREDE – E PIU’ A LUNGO SA PATIR>>.

Oggi ripensando a quei piccoli gruppetti di umani “stabili”, nominati all’inizio, di brave persone (si ritengono anche buonisti!) forse non odiano gli altri e neppure soffrono di invidia per essi, ma interagendo con loro, “godono” nel vedere “traballare” la vittima e, rubandoli energia, si sentono aumentare la qualità della propria vita e forse anche la lunghezza. C’è una specie di stornello toscano ad hoc che dice: “Muore la pecora e la cavalla, muore la vacca nella stalla, muore la gente piena di guai, ma i pezzi di merda non muoiono mai” e rimanendo tali per continuare a vivere, si indebolisce anche la possiblità del perdono.

Infine, come ha detto qualcuno, se ti alzi e ti gira la testa, è la pressione; se ti alzi e ti gira tutto storto, è la sfiga; se ti alzi e ti girano i “coglioni” é l‘ INGIUSTIZIA DI VITA. Uno sfogo-opinione personale: Questi buonisti ladri di anime!? la peggiore genìa!!! i quali, se questo fosse il caso, secondo il mio pensiero personale affranto, in una comunità corretta, non avrebbero dovuto essere ascoltati.

In ultimo mi ricordo di un mio grande amico, ingegnere laureato con 110 su 110 e lode di Pomarance, e di grande valore anche umano, che, purtroppo ci la lasciati, quando ci si incontrava a parlare, anche al bar, di problemi fisici da risolvere ed altro, più volte si lamentava che le persone di piazza denigravano spesso gli altri, anche se da questi non avevano mai ricevuto nessuna ingiuria o malevolenza; io, se ben ricordo, risposi pressappoco così, che il problema è legato al girare il cappello, qui si vive tranquilli se riesci a far girare il cappello agli altri, altrimenti sei tu che lo devi girare con rassegnazione; anch’io non sono mai riuscito a far girare il cappello a un altro, ma nemmeno a girarlo davanti a qualcuno!

I precedenti versi della poesia furono fatti leggere, a suo tempo, alla polizia municipale che li approvò

MAIL-COMMENTO Del dott. PIER FRANCESCO BIANCHI (amministratore del blog)

Caro Piero  

Ho letto e riletto il tuo ultimo scritto. Mi sarebbe piaciuto leggere anche le altre poesie del libello come “Al bar di primo mattino”. In questa poesia e nello scritto precedente fai una analisi un po’ della tua vita. Te sempre costretto a fare concorsi , a darti da fare per insegnare nel modo migliore,   mentre altri, penso per invidia, a metterti i bastoni fra le ruote.  Certamente l’ editto sui giardini sarebbe stata una cosa davvero scandalosa, come il comune volesse entrare nella vita privata dei cittadini per dettare le sue leggi.  Nei paesi e in particolare a Pomarance vi sono varie cricche di persone che cercano di fare mobbing su chi non la pensa come loro e certamente come diceva Dante, il modo migliore per vivere e sopravvivere è  “Non ti curar di loro ma guarda e passa”. Nel posto di lavoro certamente queste voci hanno un peso, ma fuori di esso il peso si alleggerisce di molto. Ritrova le tre poesie che hai scritto . Mi farebbe piacere rileggerle.

Un caro saluto

Pier Francesco Bianchi

Curriculum di Piero Pistoia

Vedere in questo blog in altri curriculum dello scrivente.

LE EMOZIONI POETICHE DI PIERO PISTOIA: commenti a più voci, post aperto; docente Andrea Pazzagli e dott.ssa Stefania Ragoni, al tempo dirigente scolastico

Post già pubblicato il 19-agosto 2014, ma riproposto per renderlo di nuovo visibile.

PREMESSA DI PIERO PISTOIA (editore del blog) eventuale da scrivere

PER INGRANDIRE LO SCRITTO CLICCARCI SOPRA
I commenti che seguono sono stati rivisitati dall’inserto cartaceo ‘Il Sillabario’

ASPETTI DIONISIACI DELLA POESIA

DI PIERO PISTOIA

Dott.ssa  STEFANIA RAGONI 

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Leggere, per es., in questo blog “Poesie di caccia e Natura” di Piero Pistoia

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IL MITO E LA POESIA DI PIERO PISTOIA

Insegnante ANDREA PAZZAGLI 

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SENTIMENTO DELLA NATURA DI PIERO PISTOIA

 di ANDREA PAZZAGLI

La filosofia, dicevano i Greci, promana dallo stupore che pervade l’uomo di fronte al mondo, al libero manifestarsi (alèteia) di quella phisys che non si lascia mai completamente comprendere dalla ragione calcolante della scienza, della tecnica, delle metafisiche razionalistiche.

Non diverso dal filosofo è il poeta: è poeta chi sempre di nuovo sa meravigliarsi e dire la sua meraviglia davanti allo spettacolo del mondo, sempre uguale eppure sempre diverso, se nuovo sa essere l’occhio che lo contempla.

A ciò probabilmente pensava anche pascoli quando paragonava i poeti ai fanciulli (poetica del fanciullino); i poeti ed i fanciulli condividono la prerogativa di sapersi ancora stupire, sanno, ancora, non essere banali e non rendere banale il mondo circostante.

Questi pensieri si affacciano alla mente mentre leggo o ascolto le poesie di Piero Pistoia. Sono versi, appunto, mai banali e riescono ad esprimere, spesso con forte efficacia, un senso di profonda partecipazione all’Essere, di comunione con la Natura ( intesa nell’accezione greca di phisys, non quella oggettivante dei Positivisti) non facile da trovarsi. Non c’è in questi versi alcuna imitazione di D’Annunzio e dei suoi panismi, piuttosto l’espressione del legame fra noi e ed il mondo, tra noi e la Natura, che, una volta, era forse dato dal senso comune, ma che, oggi, solo le parole della poesia sanno ancora esprimere. La campagna, il bosco, il fiume, i declivi, le piagge: ecco i luoghi della poesia di Pistoia, luoghi dove ora va a caccia e che, nella memoria e nei versi, tuttavia si confondono con quelli, geograficamente e temporalmente lontani, dell’infanzia già remota. Luoghi, visioni: ma, va notato che, per Pistoia il dato visivo non è mai isolato, si arricchisce, si sostanzia di altre sensazioni, più forti, più carnali, più animali quasi, soprattutto uditive e olfattive. Chi (e anche Pistoia è fra questi) ha varcato il limite della maturità, raramente è esente da una vena di nostalgia per un passato sentito perduto e irrecuperabile: nostalgia si respira in effetti anche in talune di queste poesie, ma senza che mai divenga tono dominante, che mai riesca a spegnere la corposa energia di vivere che rimane tratto distintivo.

Resta da dire del linguaggio poetico. Non voglio azzardare giudizi ed analisi, ma credo che i lettori converranno nel riconosce la sciolta, agile eleganza di questi versi che, senza riferimenti troppo espliciti, mostrano però come l’autore abbia fatto propria la lezione della poesia del primo Novecento.

Gli interessi scientifici  di Pistoia, le sue incursioni in svariati campi del pensiero, non sono senza eco nelle sue poesie: numerosi i rimandi a teorie scientifiche e matematiche, frequenti le parole tratte da vocabolari settoriali. Ma (ed è questa una riprova della solidità del linguaggio poetico dell’autore) queste parole. questi rimandi, non stridono affatto, si inseriscono anzi nel contesto, lo arricchiscono e ne fanno esempio della necessità, oggi centrale, di ibridare discipline, esperienze e vocabolari.

LE POESIE DI PIERO PISTOIA SUL BLOG SONO RAGGRUPPATE, FRA L’ALTRO  (es. TERREMOTO IN MOLISE- Vangelo secondo Luca…),   ALLE SEGUENTI VOCI (tags)

Riflessioni non conformi

Poesie di paese

Fatica di vivere

Memoria memoria…

Poesie di caccia e Natura

Poesie di “cose” del mito

Solo rassegnazione

Tempi perduti

APPUNTI SU STRUMENTI UTILI PER UNA LEZIONE SCOLASTICA EFFICACE PER L’APPRENDIMENTO, di Andrea Pazzagli; a cura di Piero Pistoia e Gabriella Scarciglia

(lezioni per preparazione a concorsi)

Un buon insegnamento per un apprendimento efficace e quindi per una ‘costruzione’ di una buona lezione partecipata, richiedono almeno strumenti offerti dallo studio della Pedagogia e della Filosofia.

A TAL FINE OFFRIAMO AL LETTORE GLI SCRITTI IN PIU’ PARTI DI ANDREA PAZZAGLI

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POST DA CONTINUARE……

PARTE PRIMA

(3 paragrafi)

1° PARAGRAFO: La Pedagogia Strutturale nei suoi motivi fondamentali (DEWEY – BRUNER)

Verso la fine degli anni ’50 il mondo culturale e giornalistico fu scosso da accese polemiche. Di fronte agli improvvisi successi spaziali dell’URSS un noto personaggio dell’establischement militare, l’ammiraglio Richover denunciava la presunta decadenza scientifica dell’USA, attribuendola al ruolo grandemente negativo per la formazione intellettuale dei giovani giocato dall’educazione attiva, predicata da John Dewey, e preoccupata solo dell’equilibrio affettivo e del buon adattamento sociale dell’individuo. Poco tempo dopo la pedagogia di Dewey era fatta oggetto, nel libro appunto intitolatao “Dopo Dewey, di un nuovo attacco critico da parte dello psicologo Jerome Bruner. Le argomentazioni di quest’ultimo erano certo fondate su fatti non meno contingenti. Bruner sostiene che tale concezione poteva forse essere di quelle su cui aveva fatto leva l’Ammiraglio Richover, ma un punto in comune era costituito dal rimprovero rivolto a Dewey di trascurare l’aspetto intellettuale, l’istruzione in nome dell’adattamento sociale. Anche se egli si cautela con il riconoscimento del grande ‘valore storico’ dell’opera e del pensiero del Dewey, Bruner ne critica radicalmente le concezioni più significative, proponendo una vera e propria svolta pedagogica. Come è noto il primo articolo di fede del ”Credo Deweiano” postula l’educazione come funzione esclusiva dell’adattamento dell’individuo alla società, la struttura grazie alla quale egli riesce a partecipare della cultura del gruppo cui appartiene. Bruner sostiene che tale concezione poteva forse essere valida allorché il Dewey la formulò, ma non lo è certo oggi, nel contesto di una società sollecitata da un tanto più intenso dinamismo e nella quale all’individuo è richiesto di continuo un alto coefficiente di creatività intellettuale: proprio la formazione di un intelletto in grado di rispondere e reagire alla società piuttosto che adattarsi ad essa passivamente dovrebbe, per Bruner, costituire il fine primario dell’educazione nel mondo contemporaneo. D’altra parte Bruner critica il punto di vista sociale della pedagogia deweiana anche da un’altra angolazione che potremmo definire conservatrice: sulla scorta della concezione dell’uomo che si configura oggi, dopo le scoperte di Freud e della psicanalisi che nella natura umana hanno scorto ineliminabili lati oscuri, negativi, sfuggenti al controllo razionale della volontà, Bruner ritiene di non poter condividere l’ottimismo di Dewey circa la possibilità di creare una società migliore per mezzo di una migliore educazione. L’educazione non può più essere dunque nè come l’organo dell’adattamento né come l’organo della trasformazione sociale: essa deve configurarsi come istruzione e fornire l’individuo dei più ampi poteri intellettuali possibili.

Conseguentemente Bruner rifiuta la tesi di Dewey ed in genere della educazione progressiva che tende ad identificare la scuola con la vita, l’esperienza dell’apprendimento con l’esperienza “tout-court”. Per la verità egli non ritorna alle tesi tradizionali della separazione della scuola dalla vita, dà piuttosto al problema una soluzione nuova: per lui la scuola deve ben essere vita, ma un tipo particolare di vita, o se si vuole, momento particolare finalizzato. Si avverte in questa idea l’eco delle suggestioni montessoriane del bambino “mente assorbente”, dell’età evolutiva, e specialmente dell’infanzia, come età dell’apprendere. A questo tema se ne rifà immediatamente un altro: quello dell’interesse. Per Dewey infatti la scuola deve essere vita perché l’interesse ad apprendere nasce solo dai bisogni vitali e in vista della loro soluzione. L’interesse muove, insomma, dalla prassi ed in essa si risolve, pur contribuendo al progredire della prassi stessa verso livelli sempre più alti. Invece per Bruner l’interesse non si lega necessariamente alla prassi né necessariamente in essa si risolve, esiste l’interesse motivato dal bisogno d’apprendere come tale, da una misteriosa “curiosità” insaziabile e senza scopo apparente, un desiderio di sapere disinteressato nella misura in cui non è collegato a problemi pratici, ma tutt’altro che artificioso e innaturale, perché anzi il suo senso affonda nella dimensione più profonda dell’uomo. Bruner ci rivela un altro volto dell’uomo: l’uomo naturalmente cognitivo.

Il nostro percorso peraltro, focalizzato sull’insegnamento delle scienze naturali e della fisica, è giusto si interessi ad altri aspetti emergenti dalla problematica bruneriana: la prospettiva strutturale delle singole discipline.

La pedagogia pre-attivistica insisteva notoriamente in modo esclusivo sulle materie di studio, su contenuti dati e conclusi che la mente dell’allievo dovrebbe semplicemente assimilare: in poche parole essa si curava solo della grammatica e della matematica, trascurando del tutto Gianni. Dewey, e in genere l’attivismo, aveva ribaltato questa impostazione sottolineando l’importanza assolutamente preminente della conoscenza della psicologia dell’allievo: per restare all’esempio di sopra contava Gianni soltanto e si trascuravano la grammatica e la matematica. Bruner, rifacendosi ai risultati da lui raggiunti nel corso di lunghi anni di studio sui processi di apprendimento, perviene ad una nuova formulazione che non è, si badi, la somma delle due precedenti richiamate: non si tratta, infatti, di badare alle materie di studio e, in termini di giustapposizione, alla psicologia del discente, ma di conoscere Gianni in situazione di apprendimento della matematica o della fisica o della grammatica, ciò in quanto il pensiero adotta strategie e diverse strutture che delimitano e specificano le varie materie, i vari campi della conoscenza. Bruner non si schiera affatto a favore di un ritorno al nozionismo tradizionale: anzi egli ribadisce con forza l’esigenza, resa del resto imprescindibile dal moltiplicarsi attuale delle nozioni e dalla loro rapida obsolescenza, di non sovraccaricare la mente del bambino con molta merce di scarto, ma di riversarci poco oro. Quest’oro è costituito dalle così-dette idee madri, dalle strutture portanti di ciascuna materia, che il discente può scoprire solo se, fin dall’inizio, verrà condotto a lavorare mentalmente come lavora lo scienziato di quella determinata branca della scienza: soltanto facendo realmente fisica si apprende la fisica, soltanto procedendo come i matematici la matematica e così come ogni altro ramo del sapere. C’è un’eco, in questa identificazione tra apprendimento e struttura, fra metodo per apprendere una scienza e metodo di quella scienza, dall’idea comeniana dell’”insegnare tutto a tutti”, ma c’è anche, per quanto nel contesto di un discorso diverso e per certi versi opposto, un’assonanza con l’identità didattica e cultura postulata da Gentile e dall’idealismo pedagogico. Conviene ora esplicitare, comunque, le più importanti conseguenze di tale principio: non è tanto un metodo che si deve ricercare quanto una pluralità di metodi che rifletta la pluralità delle strutture e dei procedimenti che caratterizzano e distinguono le varie discipline; nessun programma di studio di una disciplina determinata è formulabile se non con la collaborazione degli scienziati che coltivano la materia oggetto del programma. L’elaborazione di un programma di biologia abbisogna dell’apporto dei biologi, di chimica dei chimici, di antropologia degli antropologi. C’è soprattutto bisogno di sapere che cosa è una scienza, quali sono la sua struttura e il suo metodo caratterizzanti. L’apprendimento della fisica non è un’eccezione: è richiesta preliminarmente una definizione della teoria e del metodo fisico, problema difficile che ha costituito l’oggetto di gran parte delle discussioni di filosofia della scienza in questo secolo, come appunto ci proponiamo di sommariamente ricostruire.

L’altro aspetto di cui pare opportuno ancora accennare è la concezione dell’esperienza in questo secolo, a proposito della quale Bruner insiste, in accordo con molti tra gli orientamenti più significativi della psicologia contemporanea, sul carattere non primario e “selvaggio”dei dati esperienziali, che si presenterebbero, invece, già essi filtrati secondo particolari strutture e schemi percettivi. Concezione che pone, evidentemente, difficili interrogativi a quelle filosofie (com’è il neo-positivismo del Circolo di Vienna) che dell’evidenza sensoriale fanno il loro unico fondamento e delineano, al contrario, una convergenza con tendenze come quella di Popper che assegnano un ruolo autonomo e importante all’ipotesi.

Note bibliografiche:

1 ) J. Bruner, “Dopo Dewey: il processo di apprendimento nelle due culture”, Armando, Roma

2 ) J. Dewey, “Il mio credo pedagogico (antologia di scritti)”, Nuova Italia, Firenze

3 ) J. Bruner, “Verso una teoria dell’istruzione”, Armando, Roma

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N.B.Per leggere altre informazioni su BRUNER di A. Pazzagli, cliccare, in questo blog, sul tag “Percorso di pensiero di Bruner”; per le leggere qualcosa sulla epistemologia di Feyerabend e ancora su Bruner, di Piero Pistoia e Gabriella Scarciglia, cliccare, in questo blog, sul tag “Cose alla ‘rinfusa’ di Bruner e Feyerabend.

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2° PARAGRAFO: Principio di Verificazione e Circolo di Vienna

IL neo-positvismo (o empirismo logico) nasce per iniziativa di un gruppo di scienziati, prevalentemente fisici o matematici, riuniti, all’inizio egli anni ‘2, nel Circolo di Vienna (anche poi, a causa delle leggi raziali, quasi tutti saranno costretti a migrare negli USA). Essi intendono contrapporsi alle filosofie idealiste e irrazionaliste, all’inizio del secolo avevano posto fine all’egemonia del Positivismo Storico; al tempo stesso, però, abbandonarono alcuni aspetti del Positivismo Classico che ne fecero una metafisica mascherata, ispirandosi piuttosto al pensiero di Mach e di Arvenius (1) , Tra i rappresentanti di maggior spicco sono da ricordare Otto Neurath, Rudolph Carnap e Maurito Schlick (quest’ultimo ucciso da uno studente reazionario nel 1932), alle riunioni del Circolo parteciparono per un certo periodo anche Godel, Wittgenstein (le cui tesi, come esposte nel Tractatus, sembravano coincidere con quelle dei positivisti) (2) e Karl Popper, filosofi che in seguito si allontanarono decisamente dagli orientamenti del Circolo. Il neo-positivismo si caratterizza in primo luogo con la sua radicale critica di ogni metafisica. Esistono enunciati, quali quelli della matematica e della logica, che possono essere veri/falsi ma che non dicono nulla sul mondo ed altri enunciati, quelli dell’esperienza empirica, che dicendo qualcosa del mondo, possono essere veri/falsi; gli enunciati della fisica o della teologia, invece, nn sono nè veri nè falsi, semplicemente non hanno senso (3) . Asserire che “l’Essere è uno” o che “Dio esiste” nn è nè vero nè falso, è solo insensato.

Riprendendo un’idea già formulata da Bertran Russel i neo-positivisti pensano i grandi problemi filosofici altro non siano equivoci generati da un uso errato del linguaggio. La scienza a partire dalla fisica che è vista come la scienza per eccellenza, si fonda solo sull’osservazione e sulla successiva formulazione di teorie che possono essere messe alla prova di esperimenti che le verificheranno o falsificheranno, verificando/falsificando gli enunciati empirici da essi estrapolati. L’epistemologia neo-positivista ha dunque il suo principio base nella verificazione ed è esplicitamente verificazionista, Se una teoria viene verificata diventa pietra angolare dell’edificio della scienza che si presenta quindi come una costruzione solida e stabile alla quale si aggiungono sempre nuovo “mattoni”, nuove teorie. Ciò presuppone naturalmente che i neo-positivisti sostengano proprio il principio di induzione, non tenendo conto delle critiche che da esso aveva mosso Hume e che saranno invece alla base degli sviluppi del pensiero di Popper, del suo distacco e, poi, della sua contrapposizione al neo-positivismo.

Note bibliografiche:

  1. Reichenbach ” Nascita della filosofia scientifica” Il Mulino,Bologna.

2. Wittgenstein “Tractatus logicus-philosophicus” Einaudi, Torino

3. Ayer “Linguaggio, verità e logica” Feltrinelli, Milano

3° PARAGRAFO: L’impossibilità induttiva di Karl Popper e il Principio di Falsificazione [fra parentesi quadre appaiono, qua e là, note dell’editore del blog, Piero Pistoia]

L’empirismo classico e, nelle sue orme, il positivismo logico, insistono molto sull’osservazione ponendola a base della stessa scienza come avrebbe del resto fatto lo stesso Galileo (in realtà gli studiosi più recenti del grande pisano ritengono ben più complessa la questione). Conseguentemente quando si chiede di dare più spazio alla scienza nella scuola si ritiene prioritario educare gli alunni allo spirito di osservazione. Karl Popper nell’opera “Logica della scoperta scientifica” che nel 1935 ne segna il distacco dal neo-positivismo, manifesta il suo disaccordo chiedendosi “Osservare…, ma cosa? E perché?” Non si può osservare il mondo nella sua totalità indifferenziata, l’osservazione che pure ci sarà, verrà dopo. Prima sarà necessario individuare un aspetto della realtà che richiami il nostro interesse, che susciti curiosità, insomma cogliere un problema, quindi cercare di risolverlo osservandone attentamente le dinamiche (ecco il momento dell’osservazione) e alla fine formulare l’ipotesi che, successivamente corroborata, darà risposta ai nostri interrogativi. [ Non sarà però ‘verificata’ perché non è ancora certo che il risultato sia vero! come vedremo dopo! Per indicare questa incertezza useremo il verbo corroborare; nota dell’editore del blog]. Il pensiero di Popper, il razionalismo critico, appare quindi più vicino al pragmatismo che non al positivismo logico. Ma Popper non si ferma qui, una teoria scientifica per essere davvero tale deve indicare quali eventi, quali circostanze, potranno corroborarla o al contrario falsificarla. Ne “La società aperta e i suoi nemici” lo scienziato austriaco accusa l’astrologia e la psicanalisi, ma anche il Marxismo di essere pseudo-scienze in quanto mancano di precisare a quali condizioni le loro teorie risulteranno falsificate (lo stesso Popper riconosce che Marx aveva indicato alcune condizioni, ma i suoi seguaci di fronte al loro non verificarsi, hanno modificato le teorie così da renderle “sempre corroborate”, ciò equivale a renderle “sempre false”.

Il punto nodale è, però, un altro: corroborazione e falsificazione sono a-simmetriche [verificazione e falsificazione non lo sarebbero! nota dell’editore], nel senso che se una teoria è stata corroborata non è detto rimanga vera in tempi diversi, la falsificazione non è ancora arrivata, ma potrebbe arrivare. (I cigni che ho visto finora sono bianchi, ma in futuro potrei vedere cigni neri). E’ il principio di induzione che Popper nega decisamente e la scienza è scienza su palafitte, scienza in cui di continuo alcune teorie cessano di essere corroborate, mentre altre lo diventano , ma soltanto momentaneamente. Lo scienziato allora possiede verità temporanee (cioè corroborate) non verità assolute. [Se non riusciamo a falsificare una teoria in nessun modo, Popper dice che essa ha grande “verisimiglianza” ( vedere con il tag: Dario Antiseri), un neologismo, concetto regolativo della verità; così le teorie da secoli accettate si avvicinano sempre più al vero, cioè alla realtà delle cose; il concetto neologico popperiano di “verisimiglianza” così sembra salvi la fisica! nota dell’editore]

Anche l’atteggiamento di Popper verso la metafisica diverge da quello dei neo-positivisti: le teorie dei Pre-socratici, ad esempio, hanno avuto il merito di porre problemi che poi sono stati oggetto della ricerca scientifica, quindi la metafisica non è affatto un residuo inutile.

Il principio di falsificazione acquista valore nell’insegnamento delle scienze. L’epistemologia di Popper offre interessanti suggestioni per il rinnovamento della didattica della fisica e dell’insegnamento scientifico in generale, suggestioni che convergono con le impostazioni avanzate della pedagogia bruneriana accennata all’inizio.

In primo luogo se è vero che le stesse teorie scientifiche non debbono essere corroborate [la verificazione è un concetto regolativo! nota editore], ma falsificate, allora l’immagine della scienza da trasmettere ai discenti non è più quella di un sapere dogmatico e indiscutibile, bensì quella di un sapere che continuamente muta, che si de-costruisce cercando il nuovo piuttosto che ribadire le vecchie certezze. La scienza insomma non è certezza , ma ricerca continua e se, la si trasforma in dogma, non è più autentica scienza. [naturalmente nessuno nega che il mondo della tecnica e della tecnologia, che costruiscono meccanismi fondati sulla scienza, siano sempre più verisimili alla realtà, e, dicevamo, nessuno nega che funzionino, ma solo in una dimensione di spazio-tempo relativo a dove possono o potranno arrivare gli umani! nota editore] Si è detto che Popper, non diversamente dal pragmatismo, fa iniziare il procedimento scientifico dalla scoperta dei problemi. La medesima realtà può essere vista scontata, ovvia, e quindi non problematizzata o al contrario incuriosirci e porci domande per far nascere problemi. Educare alla scienza a fare i primi passi sulla via della scienza, significa quindi educare a vedere problemi e porsi domande. [ es., nei bienni superiori ci rechiamo nei laboratori avendo già individuati e discussi problemi e formulate già ipotesi in classe e così domande da sottoporre agli esperimenti; consapevoli che i risultati che otterremo hanno un intervallo di errore; noi valuteremo i risultati corroborati nell’ambito dell’errore; naturalmente sveleremo ai discenti anche i dati corrispondenti più verisimili riportati nei testi quelli più vicini al vero! nota editore]

Dal problema nascono a loro volta le ipotesi: studiata la situazione, fissatene i termini, si passa alla formulazione di ipotesi, si cerca di rendere consapevoli i discenti che un’ipotesi, per essere davvero tale, deve prevedere sia i fatti che potrebbero corroborarla sia quelli che la falsificherebbero, sottolineando come, in caso venga corroborata, ciò non implica affatto che non possano esserci situazioni impreviste che potranno falsificarla in futuro.

Al di là della comprensione dei concetti fondamentali della disciplina (della fisica come di qualsiasi altra scienza) l’obbiettivo vero dell’insegnamento formativo [diciamo fino al biennio superiore; a differenza della formazione tecnica o tecnologica; nota editore] deve essere la creazione di menti critiche che si pongono punti interrogativi e formulano ipotesi, piuttosto che accontentarsi di dogmi consolidati.

Note bibliografiche:

  1. Popper “Logica della scoperta scientifica” Einaudi, Torino
  2. Popper “La società aperta e i suoi nemici ” Armando, Roma
  3. Popper “La ricerca non ha fine” Armando , Roma

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N.B.

[Per chi volesse guardare da altra prospettiva la teoria “verificazionista” espressa dalla proposizione logica falsa della “fallacia nell’affermare il conseguente [(H->Q) U (Q)->H]” ( falsa è la proposizione: se l’ipotesi H prevede lo stato sperimentale Q e si realizza Q allora è vera H) o la teoria “falsificazionista” espressa dalla proposizione logica vera del “modus tollens [(H->Q) U (non-Q) -> (non-H)]”, cercare in questo blog il tag “Manichei e Iperboli” (autore Piero Pistoia), ovvero della stesso autore, cercare anche il tag “Dalla Scienza alla Narrazione” e “Breve riflessione ed epilogo epistemologico”, e, in qualche modo, anche “La teoria e la realtà”. Nello stesso post di Manichei ed iperboli si può leggere anche qualcosa degli interventi critici sulle ipotesi e dati sperimentali del pensiero di K. Popper, con il tag “Duhem – Quine” (forse, per integrare, leggere anche “NOTE DI FILOSOFIA” specialmente il 4° paragrafo che parla di Quine; di A. Pazzagli).

Per quanto riguarda l’insegnamento della fisica tenendo conto dell’epistemologia di Popper, cercare sempre su questo blog il tag “Insegnamento della fisica” (ancora autore Piero Pistoia) in particolare nella parte IV.

Se interessati, da non trascurare di leggere anche l’articolato post “Appunti sul pensiero di J. Bruner prima 1988 ed altro sull’auto-aggiornamento” a cura di Andrea Pazzagli e P. Pistoia, per non accennare agli altri interventi di Pazzagli in particolare sulla filosofia moderna (basta in questo blog cercare: Pazzagli).]

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Andrea Pazzagli

RICORDI LONTANI: a cura di Piero Pistoia

DA AGGIORNARE….

LONTANI RICORDI di Monica Barachini e Piero Pistoia 

a cura di Piero Pistoia

Proprio oggi ho ricevuto la mail di risposta, di amici lontani, che trascrivo di seguito e che mi ha fatto molto piacere, e mi ha accompagnato al lontano tempo passato.

Gentilissimo Piero,

                               è trascorso un po’ di tempo dal nostro ultimo contatto, spero che stia bene e che abbia trascorso un periodo sereno.

In questi mesi ho cercato tra le cose di mio padre e sono riuscita a trovare i disegni che Le invio.

Spero possano essere utili per il Vs. blog culturale, io e mia mamma ne saremmo molto contente.

Saluti.

   Giuseppina e Monica Barachini

SCHIZZI A CHINA DI STEFANO BARACHINI, IN PARTICOLARE, DI COSTRUZIONI  RELIGIOSE IN PISA 

a cura di Piero Pistoia

PREMESSA

rivolta agli amici di quei tempi

Cari amici di tempi perduti, sono contento oggi, da vecchio di più di 85 anni, di poter rinnovare quel ricordo lontano e, nonostante tutto, sereno, del dopo guerra, e di quegli amici come Stefano, il fratello Giuseppe e il fratello maggiore Giorgio, interessato alla cultura (che iniziò poi, un percorso di fede che lo portò prima ad indossare il saio e poi la tonaca da sacerdote) che mi avviò alla lettura degli autori russi, in particolare, di Dostojesky o i primi libri del liberale Guareschi, che mitigavano l’allora scontro aspro fra DC e PCI; per non parlare di come stranamente su proposta di Stefano, iniziammo insieme col cugino Giovanni a voler scrivere un libro sulla falsa riga delle letture emotive e appassionate dei racconti di Jack London, con il suo Barren gelido, attraversato da cani da slitta, da cercatori d’oro, e da personaggi così umani che oggi non si incontrano più, e molto altro di quella vita che ruotava tutta intorno alla parrocchia di San Marco alle Cappelle, sotto la guida del nostro priore, personaggio per noi benevolo e degno di fiducia  (insomma una brava persona), Don Renato Corsi, che ora non abita più in questo mondo. Questi schizzi religiosi di Stefano non banali, evanescenti come i ricordi ormai lontani, rarefatti dai venti del Tempo, da ricostruire nella memoria, richiamano bene quei giorni della nostra giovinezza da tempo perduta.

Così il ricordo di Stefano rimarrà impresso nell’etere di INTERNET, quindi nell’Universo Stellato, per sempre!

SCHIZZI

di Stefano Barachini

N.B.->Possiamo vedere i singoli disegni anche cliccando  sopra al nome a sinistra di ogni Download

COMMENTO  SU QUESTO POST,  di Monica Barachini

Premessa di Piero Pistoia

Trascrivo qui sotto la lettera-commento su questo post  molto gradita e interessante che è stata inviata  dalla moglie Giuseppina e dalla figlia Monica dell’amico scomparso, perché in qualche modo ha riattivato  legami e ricordi lontani, fatto di rilevante importanza in un mondo disumano di individui sempre più isolati dove i rapporti sociali  di amicizia, di fratellanza, di contatto e di tutti gli altri valori umani specie-specifici sono ridotti, stranamente sempre più,  dalle nuove  tecnologie e da una vita sempre più frenetica e complicata, indebolendo in tal modo i valori importanti per la razza umana. Non possiamo certo affidarci alle svariate associazioni dei bonisti che, a mio avviso, forse con i loro catechismi razionali di recupero intervengono di fatto senza anima o sentimento (si fanno le buone azioni perché è la regola!)

Gentilissimo Piero,
È con molto piacere che Le scrivo, per ringraziarLa anche da parte di mia mamma Giuseppina, per il bel pensiero che ha avuto per noi.
Il pezzo da Lei scritto ” lontani ricordi” ha suscitato in noi una gioia immensa anche nel vedere postati i disegni di mio babbo Stefano, so, che ne sarà contento.
Per prima cosa vorrei complimentarmi con Lei, per l’idea del blog, ho dato un primo sguardo in generale ed ho trovato la cosa molto interessante, ed è anche con un po’ di tristezza che penso a quanto entusiasmo, mio babbo Stefano, avrebbe messo nel poterci collaborare, nel poterci postare alcuni degli articoli che anche lui scriveva, per il giornalino dell’ Unidea.
E soprattutto In questi tempi di pandemia, e non solo… “strani” …dove come dice Lei ci abbiamo capito poco…il dubbio amletico rimane, perché o capiamo poco o facciamo finta di non capire…e sinceramente propendo per la seconda ipotesi; è con altrettanto immenso piacere che sento parlare di ricordi, di amicizia e soprattutto di una vita sicuramente più lenta, più semplice…ma più vera.
Sono rimasta felicemente colpita quando ha parlato di libri perché ha citato Dostoevskij, il mio autore preferito, e mi ha fatto piacere condividere questa cosa con Lei, perché anche se è passato del tempo da quando veniva a Pisa, io di Lei mi ricordo, mi ricordo di quando si incontrava con mio padre…un ricordo sempre presente, anche se un po’ vago…ma io oggi vedo ancora il suo viso sorridente.
Per me e Giuseppina è stato un piacere incontrarLa di nuovo.
A risentirci presto e contraccambiamo l’ abbraccio simulato.
Giuseppina e Monica

Da sinistra: Stefano-Piero-Vito del gruppo parrocchiale

In una foto lontana

Traccia curriculum di Piero Pistoia

LISTATO DEL PROGRAMMA RELATIVO ALLA FUNZIONE DEL “PERIODOGRAMMA”, SCRITTO NEL LINGUAGGIO R, dal Dott. Piero Pistoia

PREMESSA NECESSARIA


pieropistoia

All’autore Piero Pistoia non importa che suoi scritti vengano ricopiati o trasferiti in qualche modo – la Cultura deve essere partecipata! – (naturalmente senza modificare nulla nel blog!) – ma a lui sembra morale e necessario che sia chiaramente riportato con gli scritti, esplicito, il nome e cognome di chi ha fatto tutto il lavoro creativo!

Per 1) descrizione di questa funzione e per 2) esempi di applicazione del periodogramma, gli interessati possono leggere in questo blog svariati listati in diversi post, relativi a questa funzione e alla analisi di dati sperimentali (punto 1 e punto 2), sempre a nome dello stesso autore Piero Pistoia, anche se in quel particolare listato, di questa funzione, il nome non vi appare!

LA STORIA VERA DI CIUCI, IL GATTO DELLA NOSTRA FAMIGLIA e molto altro… lungo ‘rami’ divergenti; prologo con poesia emozionante del poeta Andrew Faber “Pensaci bene prima di prendere un gatto”; riflessioni personali fuori dalle righe e, per provocare, forse non tutte condivisibili; dei docenti Piero Pistoia e Gabriella Scarciglia

 CONTINUA LA CORREZIONE della LA NUOVA VERSIONE!

Alla autrice di libri Nadia Arnice (del blog GIOIA PER I LIBRI) è piaciuto questo post

ll seguente articolo verrà rivisitato e aggiornato anche con informazioni nuove raccolte nel tempo, durante la vita del nostro Ciuci.

PREMESSA AL POST

Il nostro Ciuci

attraversa

la vita facendo

dolce e tenera

compagnia

silenziosamente

(dare un^occhiata alle foto!)

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Le cose più importanti di questo mondo,

l’estasi, l’amore, la bontà,..tutte le

Verità sottili non sono mai troppo

palesi e riproducibili ed il mondo

che si fonda sul palese è tanto solido

quanto misero.

(G. Sermonti, biologo accademico, plurilaureato,

genetista, paleontologo, filosofo, scrittore, ricercatore che inventò i “campi morfici”)

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La mente vera, una mente forte e solida, è quella che può abbracciare allo stesso modo cose grandi e piccole

(Samuel-Johnson, “Life of Johnson”, cap. VI)

Citazione riportata da Jeffrey Satinover all^inizio del cap. 14, opera citata nel prosieguo

PROLOGO


Riteniamo inserire come prologo al nostro scritto sul Ciuci la seguente emotiva, e credibile prosa poetica di Andrew Faber perché precisa con affetto nostalgico e quasi triste e in crescendo, puntualmente anche il comportamento interattivo con gli umani del nostro amato gattino. La fine, di conseguenza fortemente emotiva e pure credibile, del testo poetico, ci suggerisce un’amara riflessione: preferiremmo morire, prima del gatto, per non dover subire quel dolore incredibile e drammatico dell’addio ed è quello che probabilmente succederà perché purtroppo quando Ciuci ci scelse eravamo già troppo vecchi, ma, data la tempra del nostro gatto, ci consola la speranza che lui possa continuare la vita felicemente e morire sereno circondato da molto effetto.

PENSACI BENE PRIMA DI PRENDERE UN GATTO

Ti farà credere che sia stato tu

ad averlo trovato

in mezzo alla strada

in un cassonetto

dentro un gattile.

Ti farà credere che sia stato tu

ad averlo salvato

che incontrarvi sia stata fortuna

pura casualità era lì ad aspettarti

quando invece era il vostro appuntamento

fin da sempre.

Pensaci bene prima di

prendere un gatto.

In quegli occhi si entra una volta

per poi non uscire mai più.

Sappi che di quell’amore

puro

infinito

e randagio

non potrai mai più liberarti.

I gatti amano per volontà

non per bisogno, non per istinto

i gatti amano per essere liberi.

Pensaci bene prima di prendere un gatto

che prendere, poi, è un termine inadeguato,

sciatto,

sbagliato.

Un gatto non si prende né si adotta

un gatto si custodisce.

E ricordati che dovrai accettare il suo caos

la sua elegante arroganza

i suoi attimi di smisurara dolcezza

prendersi cura della sua solitudine

dei suoi momenti di incantevole assenza.

Pensati come a un primo appuntamento

che ogni istante si ripete.

Circondalo di attenzioni, sempre

come una amante corteggia la sua dama

con dolci parole

e infinite carezze.

Sappi che ogni istante lui sa dove ti trovi

come ti senti

e di cosa hai bisogno per essere felice.

Pensaci bene prima di prendere un gatto

perché nessuno più di lui

sa di cosa è fatto l’amore.

Parlo del rispetto dei propri spazi

e dei propri umori.

Parlo del bisogno di nascondersi

a volte

da tutto e da tutti.

Parlo di saper riconoscere

quando è inutile insistere

perché avvicinandosi a volte ci si perde

e quando insistere, invece,

è l’unico modo per tornare a stare vicini.

Parlo dell’arte

di sapersi osservare da lontano

dove ogni cosa acquista la sua forma.

Parlo di saper riconoscere la meraviglia

di volersi entrambi

in quei momenti di rara bellezza

che rimangono impressi per sempre.

Parlo di quando all’improvviso

dal nulla più assoluto

si accende la follia

e si inizi a correre come pazzi

a giocare come ragazzini

buffi e ridicoli

come rendersi conto

che la felicità l’ha abbracciata

graffiata, protetta.

Perché può durare un attimo

ma soprattutto

pensaci bene prima di prendere un gatto

perché dovrai dirgli

addio.

E saprà stupirti di nuovo

come ha fatto per tutta la sua vita.

Mentre non riesce più a reggersi in piedi,

mentre è sdraiato da giorni lì

nello stesso punto di casa

dove ha scelto di morire.

Mentre non vuole nessuno vicino, tranne te.

E con le ultime forze ancora

ti urla il suo

amore.

Le fusa che gli escono strane e spente,

stonate

ma che tu ricorderai

come il canto più dolce

che ti sia stato concesso ascoltare.

Non cercare di dimenticarlo quel dolore,

di viverlo.

Non si può.

Una parte di te si è spenta con lui.

Una parte di te,

si è perduta

per sempre.

ANDREW FABER

Poeta e scrittore italiano

LA STORIA VERA DI CIUCI, IL GATTO DELLA NOSTRA FAMIGLIA

riflessioni personali forse non tutte condivisibili

Al margine del razionale

di Piero Pistoia e Gabriella Scarciglia

PREMESSA PER IL LETTORE

IL FILE “ciuci1_10-ok1-1.pdf” E’ LA VERSIONE INIZIALE, NON AGGIORNATA

L’AGGIORNATA SI PUO’ LEGGERE DOPO IL SEGUENTE RIQUADRO

CHE CONTIENE IL FILE NOMINATO SOPRA

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NB – Il link sopra in pdf contiene, in generale, una versione precedente non aggiornata senza foto; ridotta; mentre il testo sotto, con foto, verrà continuamente aggiornato e pubblicato in pdf, leggibile direttamente:

AGGIORNAMENTO2: LE ULTIME NOTIZIE SUL CIUCI

ULTIMO INTERVENTO SUL NOSTRO CIUCI

Il nostro caro Ciuci sta diventando adulto. Oggi è il 31 -10-2023 ed a febbraio 2024 il Ciuci compirà 7 anni (ha le caratteristiche dell’Acquario), che sembra corrispondano ad una età umana di 40-50 anni (i primi due anni di un gatto infatti corrisponderebbero a 24 anni umani e per ogni anno successivo di aggiunge 4 anni!). Le esperienze tragiche a lungo e ripetutamente sofferte nel suo passato, sembra ormai certo (almeno si spera di nuovo!) abbiano costruito protocolli di sopravvivenza efficienti. Abbiamo seguito costantemente il suo comportamento almeno dall’ultimo intervento del veterinario (18-03-2023) e siamo in grado di descrivere in successione i suoi nuovi comportamenti rilevanti a fronte di episodi che in altre occasioni gli avrebbero causato ferite e la necessità di portarlo di nuovo dal dottore. Cercheremo di descrivere con particolari i suoi atteggiamenti nella sua vita nel circondario delimitato da molte strade frequentate e all’interno di due giardini boschivi, visitati spesso dai gatti del vicinato ed è con questi gatti che viene a contatto e in particolare anche con quello che l’ha ferito varie volte, un tigrato marrone con un orecchio mozzato. Questi gatti vengono anche ad aspettarlo ad hoc all’interno del giardino. Cercheremo di descrivere il suo nuovo comportamento suggerito dai nuovi protocolli ricavati dalle esperienze negative del passato.

Quando il Ciuci esce per i suoi bisogni quotidiani compresa la possibilità di masticare qualche filo di gramigna e vede un gatto qualsiasi, magari all’interno del giardino, gli si avvicina a pantera lentamente e quando gli è a pochi decimetri si mette a sedere a statua e lo guarda duro negli occhi (è successo più volte), l’altro, che allora intende arrendersi, si mette intanto a gambe all’aria; a questo punto il mio gatto lascia perdere e tranquillamente se ne va per i fatti suoi …e all’altro gatto non so come e cosa gli abbia comunicato il mio, per farlo anche scappare fuori dal giardino! Questo comportamento pressappoco si ripete sempre a simili eventi: il ciuci è diventato il guardiano del giardino in cui si trova!

Quando viene a cercarlo il suo gatto nemico e il Ciuci lo vede, strano a dirsi, praticamente si comporta nello stesso modo prima detto, mentre l’altro lo chiama lamentoso e, se va via, continua a lamentarsi miagolando e se non va via subito il Ciuci da fermo gli urla come un gatto arrabbiato e allora lui scappa sempre lamentandosi! E se questo evento si ripete, il comportamento del nostro gatto è lo stesso. L’ultimo episodio si è verificato quando il gatto nemico si è posizionato sul tetto piuttosto alto dei vecchi recinti dei cani, dietro casa, miagolando per chiamarlo. Sentendolo miagolare, sono salito sulla sedia, che mi consentiva di affacciarmi sul tetto, in difesa del Ciuci che era rimasto momentaneamente a terra. Mi sono affacciato al tetto con una strombola che doveva servire per spaventarlo; mi appariva davanti al viso ad una distanza meno di mezzo metro ed era fermo e mi guardava negli occhi, continuando a miagolare; sono rimasto perplesso, così da vicino non potevo tirare, l’avrei ucciso, quindi ho abbassato l’arma rimitiva e sono sceso, anche perché il Ciuci era a terra in sicurezza con Gabriella. Mentre mi allontanavo vidi il Ciuci che si avvicinava alla sedia per saltare a sua volta; l’altro gatto continuava a miagolare. Il Ciuci dopo il salto è rimasto sul bordo, fermo, e dopo pochi secondi ho sentito l’altro gatto allontanarsi miagolando. Il nostro gatto allora è sceso e si sdraiava sul dorso a gambe larghe in un avvallamento del terreno. Anche mia moglie, poco lontana, era presente a questo avvenimento.

Che l’altro avesse capito, solo ora, che quando il Ciuci lo spingeva da dietro, come abbiamo già raccontato in altre parti, volesse solo giocare e non attaccar briga? ed ora invece vorrebbe giocare con lui a rincorrersi in pace? Noi non lo sappiamo, ma è sicuro che anche il tigrato non vuole più aggredirlo! Troppo tardi però, perché il Ciuci non ne vuole più sapere di avere contatti con altri gatti, forse avendo esso imparato a far valere la propria volontà senza aggredire.

Con questo, se non succede altro di significativo, riteniamo il post concluso.

AD MAIORA

Piero Pistoia e Gabriella Scarciglia

AGGIORNAMENT01: ANCORA NOTIZIE SUL NOSTRO GATTO SPECIALE

Oggi è il 31-08- 2022. Il nostro gatto sta crescendo e a febbraio 2023 compirà sei anni. Non si è ancora imbrancato, ma come da abitudine cerca però qualche compagnia e se vuole giocare secondo i suoi desideri, da tempo registrati, ( si rincorrono a turno per poi rotolarsi facendo finta di lottare o anche salendo velocemente sugli alberi…) deve scegliere un gatto che ha come protocollo questo comportamento. Certamente giocherà bene insieme ad un altro gatto sterilizzato; altrimenti potrebbe avere problemi anche seri, visto che è stato privato anche dell’unghia robusta della zampa anteriore destra, situata un po’più in alto delle altre, con la sua radice, come già comunicato. In questi giorni abbiamo notato un suo strano comportamento con un gatto pezzato marrone e grigio; il nostro, senza correre, con il musetto urtava dietro questo gatto che camminava davanti e ad ogni urto quest’ultimo si voltava stizzoso con un verso di sdegno; ed è probabile che questo rivoltarsi sdegnato del compagno, ad ogni impulso del capo del nostro gatto, fosse accompagnato da una graffio su quest’ultimo (da come risulta dalla densità di graffi proprio sul capo del nostro gatto); così percorrevano una cinquantina di metri lungo il marciapiede appoggiato al confine del nostro giardino fino a un rientro a verde pubblico sempre costeggiante la nostra proprietà (vedere foto).

AGGIUNGERE FOTO

Abbiamo interpretato questo particolare comportamento come se il nostro Ciuci volesse invitare il compagno a scappare per essere rincorso e così giocare (un protocollo usato da lui per il gioco). Corremmo dall’interno del giardino per controllare alla fine quello che sarebbe accaduto dalla rete di recinzione interna. Ci fu uno scontro di aggressioni, ma non di gioco, con urli e versi di dolore su questa rientranza del Comune. Riuscimmo, a distanza, a dividerli da lontano con un getto d’acqua a pressione con una sistola. Provammo poi a chiamarlo e dopo una mezz’ora apparve sopra il tetto piuttosto elevato (circa due metri) del recinto dei cani situato in fondo al giardino. Dopo una certa incertezza il gatto saltò giù e provò dolore alla gamba destra. A casa gli scrutammo il manto di pelo che con dispiacere era segnato da molti graffi in particolare sul capo, poi qualcuno sulla guancia destra vicino agli occhi e aveva un cerchio di unghiate attorno a metà dall’arto destro. Cominciammo a disinfettare le unghiate a partire dal capo con betadine ed anche con listeryne (usato per sciacqui). La piccola zona concava della gamba destra, in corrispondenza del taglio dell’unghia e radice, era occupata da sangue, forse danneggiata dal salto dal tetto del recinto dei cani. I giorni successivi cercammo di disinfettarla, ma il gatto continuava a camminava incerto su quella gamba e non era più salito sul tetto del detto recinto, spesso usato per salvarsi anche dall’assalto del cane da caccia GIGI che abita anche lui nel nostro giardino.

Dopo una decina di giorni lo portammo dal veterinario a fargli controllare lo stato generale e le incipienti crosticine, per paura che si trattasse di tigna. Il veterinario confermò che si trattava invece di unghiate e che spesso i gatti sterilizzati venivano bullizzati dai branchi. Ci dimenticammo di far vedere la gamba destra! Nei giorni successivi continuando i tentativi di disinfezione, il gatto, correndo meno di prima e leccandosi continuamente le unghie ed il piede destro, sembrò che iniziasse a migliorare, ma anche oggi in effetti cerca di tenere ancora la gambina nascosta alla nostra attenzione; ma si spera che il nostro gattino comunque abbia maturato da questa dolorosa esperienza, il protocollo per la scelta dei gatti con cui giocare e stare guardingo invece dagli altri gatti che “non sanno giocare”, almeno ci auguriamo di si!!! Il dottore comunque ci consigliò e tenere il gatto sempre in casa se lo volevano salvare…. Ma, a sorpresa, dopo pochi giorni il nostro Ciuci ci dimostrò che la sua gambina stava meglio, saltando giù dal tetto, alto più di due metri, dei canili con non curanza! prevalentemente devoluti a tentare di sfuggire dal recinto metallico.

Ma ci sbagliavamo! Dopo qualche giorno ci arriva coperto ” di croste” come non mai e zoppicando in maniera costante…! Portato di nuovo dal veterinario, dopo accurata visita, ci si accorda che forse le ferite e graffi sono prevalentemente dovuti a cercare di sfuggire dal recinto metallico del giardino e lo zoppicare da un qualche danno al piede gonfio per infezione e con un’unghia spezzata, nel saltare da qualche altezza.

Ma ci sbagliavamo ancora. Dopo qualche giorno cessò di mangiare e bere. Il dottore lo trovò con la febbre e ci ordinò una cura per infezione, pasticche e punture da somministrare per dieci giorni. Dopo pochi giorni il gatto cominciò a migliorare. Attualmente, esce ad orari precisi e ritorna quasi subito in buono stato; sembra che il protocollo di comportamento sopra nominato sia stato finalmente acquisito! Ad maiora.

Seguono due foto riferite alla vita del gatto in questa ultima parte della storia.

LA STORIA DI CIUCI DALL’INIZIO

Noi non siamo due esperti etologi, ->(praticamente un geo-fisico, laureato con 110/110 e lode presso l^Istituto di Geologia Nucleare di Pisa, via Santa Maria, frequentato questo, per quasi due anni, uno per la tesi ed uno per una borsa di studio vinta, “sostenuto” da svariate pubblicazioni culturali qualificate e concorsi superati su svariati rami delle Scienze compresa la Fisica e una docente elementare, fornita di molteplici attestati, considerata e valutata di buon senso, sensibile e intuitiva, ambedue con passabili cognizioni epistemologiche e ambedue con lunga esperienza ‘insegnativa’ e curiosi dei misteri del Cosmo)<- ma riteniamo di avere titoli e abbastanza conoscenze, che, in qualche modo, potrebbero entrare in sinergia nello interpretare e studiare un fenomeno naturale (il nostro gatto grigio

Il nostro gatto ci ha scelto. E’ venuto per un certo tempo a dormire sulla soglia del portone di casa e quando aprivamo fuggiva, fino a quando entrò velocemente in casa e… si stabilì da noi.

Non appena fu chiaro che Ciuci stava bene a casa nostra e non  sarebbe più andato via, lo portammo dal veterinario, per visitarlo, vaccinarlo, e ci consigliò anche di sterilizzarlo (se volevamo che vivesse più a lungo e più serenamente fra gli umani e… per gli umani!). Il veterinario abita e lavora a San Dalmazio (comune di Pomarance, Pi, Italy) in una villa, a circa 10 km da Pomarance in cui abitiamo, circondata da boschi fitti di una  macchia mediterranea in una topografia complessa, selvaggia, ricca di forre e pericoli, con presenza saltuariamente anche del lupo. Il tragitto per recarsi dal veterinario fu ovviamente fatto in macchina e quindi in gatto non poté “mappare” il territorio.

Trascorse così un anno in cui imparammo a conoscerci reciprocamente, imparammo a cogliere i segnali del Ciuci e ad agire di conseguenza ed a volerci reciprocamente sempre più bene. Il Ciuci diventava sempre meno selvatico – aiutato anche dalla sterilizzazione! – (non dimentichiamo che fino ad un anno circa era vissuto da randagio). Infatti cominciò a dormire con noi, toccandoci con le sue zampette e facendo, felice, le fusa.

Trascorse in questo modo un anno sereno fino a quando non dovemmo riportarlo dal veterinario per il richiamo del vaccino. Arrivati dal veterinario, il gatto, spaventatissimo, riconobbe il posto e ricordò anche  il tragico esperimento precedente, riuscì in qualche modo a divincolarsi ed a fuggire.

LA STORIA DEI TRAGICI SEI MESI SUCCESSIVI

Cominciò così un periodo tristissimo, per noi vecchi (con figlia e nipoti lontani), pieno di ansia, dispiaceri e qualche lieve speranza di ritrovarlo. Cominciammo una lunga ed estenuante ricerca; era febbraio, era freddo e noi pensavamo al nostro caro amico solo, al gelo, magari preda di animali (cinghiali, volpi, lupi… umani…) senza niente da mangiare. Pertanto tutti i giorni andavamo nei boschi vicini al luogo in cui era fuggito, chiamandolo, recandoci in tutti i poderi a chiedere se qualcuno lo avesse visto ed ogni giorno tornavamo a casa sempre più delusi e affranti, ma ancora non disposti a mollare. Avevamo attaccato lungo il tratto di strada di interesse foto-protette dall’acqua del nostro disperso (simili alla foto iniziale della serie riportata sotto). Contattammo famiglie, davvero da ringraziare, sempre disponibili, che quotidianamente portavano cibo a branchi di gatti randagi (es., signora Marena Creatini) e addirittura visitammo un gattile sulla costa, perché era uso che alcuni di questi randagi venissero trasferiti ai ricoveri per gatti o quello che erano. Addirittura  una famiglia ( signor Rolando Calastri) ci catturò, con una gabbia a scatto, un gatto grigio, ma non era il nostro e fu subito liberato! Ma, ci venivano raccontate storie di gatti che avrebbero percorso km per ritornare alla loro famiglie riuscendoci  attivando i loro potenti sensi oltre la vista e ad ognuna di esse riprendevamo un minimo di speranza.

Era febbraio e a luglio, nonostante tutte le ricerche… del Ciuci nessuna notizia. Cominciammo a perdere le speranze consapevoli ormai che non avrebbe potuto rintracciare la nostra abitazione dal momento che il percorso era stato effettuato, chiuso in macchina, come già detto, e per di più avrebbe dovuto attraversare almeno un fiume (il Possera) per arrivare a casa. 

Eravamo davvero disperati e ormai quasi rassegnati quando,  il 30 luglio, ricevemmo una telefonata del veterinario, dottor Cristiano Baroni, molto gradita, di cui lo ringraziamo anche  perché ci rimase psicologicamente e fattivamente vicino per tutto in tempo, ci raccontò di una sua cliente di Castelnuovo V.C. che recandosi da lui gli aveva riferito di aver trovato un gattino grigio….Era possibile che  fosse il Ciuci!!….perché, riflettendo, per ovviare ai fiumi Possera e Pavone, poteva, in questi suoi tentativi, seguire un crinale lungo il loro spartiacque, che portava a sud di Larderello quasi al confine  col paese di Castelnuovo, cortocircuitando i fiumi, e tale percorso si agganciava proprio al tratto della  strada (verso Lanciaia) che portava dal veterinario (vedere frammento cartina, lungo strada subito sopra San Dalmazio a Est-Sud-est. Da lì iniziava il probabile sentiero del gatto mediamente verso Sud-Sud-Ovest fino ad entrare in Castelnuovo. Sotto strada San Dalmazio il torrente sotto il ponte è il Possera).

Frammento ingrandito di Carta Topografica ripreso da “ACI – GRANDE ATLANTE CARTOGRAFICO DI ITALIA 1:250.000”

Partimmo immediatamente, pieni speranza alla volta di Castelnuovo e arrivati constatammo che era davvero il nostro Ciuci. Era arrivato a casa della signora Cinzia Benini Antonelli e figlia, quasi moribondo, dimagrito e pieno di parassiti e Loro avevano provveduto ad effettuare i primi interventi per la sua sopravvivenza così… gli salvarono la vita! La fortuna nostra e del gatto fu quella di trovare persone squisite disposte ad accogliere presso di loro un animale così mal ridotto e difficilmente recuperabile. Saremo sempre grati a quella famiglia che non dimenticheremo mai che aveva contribuito a restituirci affetto e serenità. Il Ciuci da quel momento, appena entrato in casa si riappropriò dei suoi spazi e delle sue abitudini per la nostra e la sua felicità. Lui, il Gatto, non si era mai imbrancato; il suo unico desiderio era tornare a casa sua con tutte le forze!

RIGUARDO AL COMPORTAMENTO DEL GATTO: 1 ) A GRANDE SCALA, INTERPRETAZIONE FILOSOFICA SOPRA LE RIGHE DEL “COME SE. . .” E 2) OLTRE: QUALCOSA A PICCOLA SCALA

Accenniamo brevemente ad alcune particolari interazioni con il nostro Ciuci che sembra possano corroborare, a nostro parere, l’idea che il nostro gatto si comporti come uno strano piccolo umano con qualche svantaggio (se avesse l’ugola di un pappagallo, con questo nostro gatto, potremmo interagire con la parola!)

E’ un bastardino pseudo-Certosino, di colore grigio uniforme  con riflessi argentati, ma non con il pelo lanoso dei Certosini di razza, bensì con pelo lucido e vellutato, ma con alcune macchie circolari scure caratteristiche dei certosini sul palato, e, come tutti i gatti, è curioso e sospettoso ( la curiosità al servizio  del sospetto!), ma  con un istinto estremamente sviluppato (in qualsiasi specie i fenotipi sono sempre differenziati, in particolare nei gatti) nel mappare in modo sistematico e capillare il territorio in cui vive per raccogliere informazioni vitali per poi rielaborarle durante il riposo, il sonno o dormi-veglia, utili a migliorare sempre di più i protocolli comportamentali per la sua sopravvivenza. I protocolli per ogni evento, nella sua potente memoria, gli consentono di formulare, consapevole o meno, un modello ipotetico, continuamente in via di costruzione, ricco di ipotesi che nella quotidianità saranno falsificate o corroborate. Ad ogni ipotesi falsificata gli potrà accadere anche qualche evento negativo, che, se non mortale, consentirà di modificare il modello che diventerà nel tempo sempre più affidabile. Ne deriva che il comportamento di sopravvivenza del gatto, forse come per tutti i viventi, diventando naturalmente sempre più istintivo, scendendo lungo la scala evolutiva della vita, seguirebbe, in qualche modo, le fasi popperiane più o meno consapevolmente: P1 (problema iniziale), TT (teoria tentativa o ipotesi), EE (eliminazione critica dell’errore), P2 (nuovo problema). Tornando al gatto, quando, nella quotidianità, si presenta qualche variabile che rimane anche per poco costante, Ciuci la memorizza e vi si attiene. Qualsiasi evento interattivo che si ripeta si trasforma nella sua memoria come protocollo di comportamento (ipotesi corroborata). Forse sembrerebbe trattarsi di una razionalizzazione indirizzata dei processi “per tentativi, su ipotesi più o meno consapevoli, ed errori”. In questa ottica, probabilmente la epistemologia di Karl Popper sarebbe applicabile a tutto l’Albero della Vita, in maniera più o meno consapevole, presente nel Cosmo!

A nostro avviso, infatti, per certi aspetti, anche i comportamenti dei viventi lontanissimi dagli umani – a partire dai virus, dalle faune improbabili di Burghess del Cambriano medio (leggere sul blog), dai monocellulari, amebe, Parameci,… piante spontanee …, con i loro pur semplici strumenti di difesa, di offesa e per la ricerca di cibo, per sopravvivere – dicevamo, questi comportamenti si potrebbero, forse, attivare, in chiave filosofica, attraverso le diverse fasi popperiane, “accompagnate nella spiegazione”, da processi, a piccola scala, inter e multidisciplinari fisico chimici biologici… differenziati, agganciandosi a micro-meccanismi (piccola scala) come i microtubi (vedere dopo), che dovranno essere ancora studiati in profondità (si leggono già ora alcuni processi di questo tipo, per es., nel conformarsi delle associazioni di piantine spontanee (magari con rami trasformati in aculei) con la relativa fauna, flora associate (insetti, batteri, funghi e quant’altro)… . Naturalmente per questi ultimi casi, fra pensiero e azione non esisterà alcuna riflessione e, a differenza del nostro gatto, per essi, sentire un impulso vuol dire metterlo in atto. Così Azione ed Intelligenza allora coincidono. Come nel Paramecio, situato presso la base dell’Albero evolutivo, con le sue ciglia a guisa di antenne o strumenti per il suo movimento, ma anche capaci di elaborare informazioni provenienti dall’esterno, reagendo all’ambiente circostante al fine di determinare se mangiare, lottare o riprodursie di generare movimenti sincroni necessari per l’esecuzione di queste quattro azioni, attivandosi le proprietà dei così detti microtubi (ogni microtubo sarebbe per alcuni ricercatori, un elemento delle ciglia e non dissimile da un elemento della struttura filiforme del fuso mitotico nella duplicazione cellulare), una struttura enigmatica primigenia, una specie di “pietra filosofale” indispensabile, sembra, per spiegare e riuscire a capire il funzionamento della vita, perché possa sopravvivere a fronte dell’ambiente fisico, a tutti i livelli della scala evolutiva (jeffrey Satinover, nel testo “Il Cervello Quantico, 2002”! Ed. MACRO, a pag 276, a seguire).

Ma ciò (assenza di riflessione) non è poi così diverso da quasi tutti i più civilizzati comportamenti umani! (pontifica con ironia Jeffrey Satinover, op. cit.).

Da questa veloce sintesi, mutuata dal testo di Satinover ( un po’ criptico e di lettura talora ostica dovuti anche alla scarsa nitidezza di molte foto riportate nel testo che abbiamo a disposizione) sembrerebbe comunque si potesse affermare che le ciglia del Paramecio siano microtubi, che costruiscono onde opportunamente sincrone per eseguire le azioni atte alla sua sopravvivenza. Da notare infine che “…Anche i neuroni umani sono particolarmente ricchi di microtubi (il loro citoscheletro è costituito infatti da microtubi) che alimentano sia la propagazione dei segnali sia la costruzione auto-organizzata di nuove connessioni da neurone a neurone“; fra parentesi: un funzionamento anomalo (op. cit., 2002, pag. 278) del citoscheletro della cellula neurale fa perdere sinapsi, causando Alzheimer (una delle ultime ipotesi su questa malattia); la precedente era: la deposizione di placche amiloidi sul cervello posteriore. Ultimamente qualche ricercatore ha anche affermato che fare footing in ambiente ossigenato, se si elaborano col pensiero contemporaneamente problemi, si facilita la moltiplicazione dei neuroni.

Riassumendo la struttura ed il funzionamento di una cellula sono molto più complessi di quello che si pensava pochi anni fa e i suoi misteri forse non sono ancora finiti!

Per ulteriori precisazioni, chiarimenti e per saperne di più, si rimanda al testo dell’accademico Satinover (op.cit., cap. 14)

Per chi volesse approfondire la teoria epistemologica popperiana espressa dalla proposizione logica vera del modus tollens: [(H->Q) U (non-Q) -> (non-H] e vedere la sua critica sul fronte delle ipotesi e dei dati sperimentali, potrebbe, per es., ricercare, su questo blog, con il tag, “Karl Popper” o “Duhem-Quine”, aprendo il post “OSCURI” PENSIERI

Anche da quanto detto, si evince, come il gatto in particolare, possa avere un io anche se non ben definito e forse parzialmente consapevole, per cui comunque si porrà a fronte dell’umano come un individuo che si sente alla pari, in una interazione veicolata, da una parte, da parole chiave in un semplificato linguaggio umano (attento eh!, bravo, no! anche col dito, andiamo!, qualche vezzeggiativo…)  e dall’altra parte, da un “miao” differenziato nel suono a seconda delle situazioni (sgne! stizzito per un netto dissenso, uno gnao debole appena accennato come dire “ci sono, sono arrivato”, uno gnao deciso e ripetuto di rabbia perché si esegua velocemente un comando urgente…un urlo gutturale non ben definibile per spaventare un gatto avversario…), da battito di ciglia (tradotto per es.,“sono in accordo con te”) e ammiccamenti o da torsioni e allungamenti (per indicare e richiamare l’attenzione o un “crecchio”), quando muove la coda sbattendola (per suggerirci di lasciarlo stare), da forme particolari della coda (ritta a punto interrogativo, “ciao e buona giornata”), da rapide graffiature su poltrone (per indicare esigenze e subito dopo ammicca per dire cosa vuole)…; per non parlare del suo magico ruglìo a bassa frequenza, un suono di riconoscenza e di affetto, col quale rasserena se stesso e tutto l’ambiente vicino, quasi a ringraziarci per la nostra presenza; si dice che rugli anche quando sta per morire, per rendere più sereno anche il distacco dalla vita.

CENNI AL COMPORTAMENTO DEL CIUCI

1 – Il Ciuci porta uccellini, topini ed altro per giocarci in casa insieme a noi o per contraccambiare il cibo con cui lo alimentiamo! Per lo più porta animaletti ancora vivi e ciò farebbe pensare che volesse giocare con loro insieme a noi. Il problema è grave in particolare per le arvicole in specie se sono incinte perché la nostra casa è vissuta e piena zeppa di tutto e di più; si rischierebbe una invasione rapida di topolini di campo, pur piccoli e simpatici, in casa, con difficoltà di poterci liberare! Per questo volevamo che il gatto non portasse in casa più niente di vivo! La cosa non era però così semplice a risolvere, dovevamo controllarlo tutte le volte che rientrava! Un giorno arrivò con il suo topolino in bocca vivo. Cercammo di fermarlo e lui lo liberò. Il topolino si mosse davanti al gatto e rapidamente, anche se con dispiacere, lo schiacciammo sul pavimento….il segnale lanciato dalla morte, forse un segnale “morfico” (leggere morfismo sul blog) paralizzò il gatto, alzò i suoi magici occhi gialli verso di noi, poi verso il topino sventrato e avvicinò il muso alla scarpa assassina, mentre gli urlavamo no!, no!, anche con il dito! Per alcuni giorni quando si indossavano le stesse scarpe il gatto le guardava, ma palesemente stava lontano da loro con sospetto, e lo fa ancora oggi! Bene da quel giorno non ha portato più nulla in casa, corroborando quest’ultima ipotesi!

Da riflettere su come nella Natura selvaggia il segnale di morte, in specie la violenta, è fortemente percepibile dagli altri esseri viventi più o meno consapevoli!

Alcuni ricercatori hanno addirittura progettato circuiti elettronici, nella loro intenzione, sensibili a tali segnali! Quello che costruì uno degli autori, mutuando il raccontino che segue sui pescatori di gamberi di fiume ed il progetto del circuito, da una delle tante riviste di elettronica applicata, che al tempo leggeva con entusiasmo ed interesse, e che ancora oggi sono “posteggiate” da qualche parte nella sua nutrita biblioteca sempre più dispersiva e polverosa, emise un segnale (in questo caso elettromagnetico) che, purtroppo, rientrava nel range dell’errore sperimentale (si perdeva nel rumore di fondo). Ci sono anche altre storie che narrano di questi eventi e di animali. Fra gli uomini, sembra, in qualche modo, si percepisca il segnale di morte fra individui legati da emozioni forti. Se muore, per es., un parente od un amico è facile che onde morfiche perturbino i sogni dei conoscenti… nella vicinanza temporale dell’evento, ma forse, date le caratteristiche di una onda morfica a velocità infinita (se esiste!), anche molto lontano nello spazio! Da notare che il concetto di morfismo sembra che fosse stato introdotto nella cultura per ovviare alla mancanza di indizi nel pool genetico degli antenati, che permettessero la trasmissione delle “forme” ai discendenti e non solo i singoli svariati caratteri genetici. Ci torna a mente quello che diceva B. Russell <<Se vedi un gatto ed uno ti chiede “Perché è un gatto?”, la risposta “E’ un gatto perché assomiglia ad un gatto, cioè ha la forma di un gatto!” è accettabile. L’accettabilità della risposta ci sembra potrebbe significare che ci vuol molto di più per trasferire ai posteri la forma!

Come accennato precedentemente, infatti, si racconta che dei pescatori di fiume accesero un fuoco per far bollire dell’acqua in un campo ricoperto di fiori selvatici e raggiunta la bollitura gettarono direttamente nella pentola una manciata di gamberi d’acqua dolce vivi appena pescati. Improvvisamente un “nuvolo” di api ed altri insetti si sollevarono dai fiori, apparvero spaventati e rumorosi intorno al fuoco per poi volar via. Un altro caso accadde agli autori. Sotto la nostra grondaia qualche anno fa, le rondini per un lungo periodo di tempo avevano costruito decine di nidi (oggi ne sono rimasti i ruderi e le rondini si sono dileguate!), e in quel tempo a primavera un centinaio di rondini (balestrucci per la verità) si addensavano in continuo via vai, sopra il nostro pianerottolo in cima alle scale che portano al portone di casa. Una grossa ghiandaia svolazzava anche in nostra presenza, sfrontata e senza paura, addirittura sopra la parabola della televisione murata al parapetto, posta subito sotto la striscia dei nidi e spesso saltava anche sopra di esso, sempre la stessa.  Da tempo, sempre la stessa, attaccava i nidi col becco e gli artigli mandandoli in pezzi, facendo cadere giù in basso i resti con i nidiacei, che poi tranquillamente divorava. A noi lo svolazzare di rondini davanti al portone, non sappiamo perché, ci rendeva felici, rendendo il pianerottolo un luogo quasi magico, come dissero anche i due sacerdoti quando vennero a benedire la casa. Infine, quando ci accorgemmo che le rondini diradavano e le rimanenti schizzavano nervose (conoscevano bene il loro assassino!), prendemmo una decisione un po’ “bastarda” (anche la ghiandaia doveva sopravvivere…, ma noi siamo chiamati a distinguere fra il bene ed il male a favore nostro!); ci facemmo infatti prestare una carabina ad aria compressa e la uccidemmo. Proprio in quell’istante di morte, alzando gli occhi al cielo, in alto vedemmo chiaramente costruirsi una enorme circonferenza stabile e quasi perfetta, ruotante, costituita  da rumorose rondini,  il cui centro si spostava avanti e indietro verso di noi. Al lettore la interpretazione…di questo strano evento. Forse per gli animali più o meno gregari è attiva una intelligenza collettiva.

Dopo questo,  per qualche altro anno ancora, le rondini tornarono in primavera a “manutentare” i loro nidi sotto la nostra grondaia…poi sono sparite. A questo proposito  si può leggere su questo blog gli scritti anche con foto sulle rondini richiamati dai tag  “Breve racconto su un evento di natura” e nel post “Poesie di cose del mito” con la poesia dal titolo “Rondini ed Unicorni”,  ambedue gli interventi degli autori della presente storia)

2 – Dall’ultima foto si intravede la televisione di camera e i relativi fili buttati sul letto. Il Ciuci dorme spesso sul letto e privilegia sdraiarsi sopra qualche filo o toccare con la zampina qualche punto del corpo umano a nudo (vedere alcune foto), in qualche modo. All’inizio rosicchiava i fili e un giorno ne staccò un pezzo, che noi raccogliemmo e in un secondo momento, quando il gatto si riposava, lo costringemmo a guardare questo frammento, strofinandoglielo sul muso, mentre a voce alta e muovendo il dito gli urlavamo il solito No! No! Lui non riusciva a capire, ma poi si avvicinò di nuovo al filo per due volte con la zampa per far finta di aggredirlo (chiaramente per noi, per corroborare o falsificare  una sua ipotesi mentale sul nostro comportamento!) e noi ancora gridando e muovendo il dito, per due volte gli demmo uno scapaccione non molto forte e lui allora capì che non doveva rosicchiare i fili (ipotesi ritenuta da lui corroborata!), perché, nonostante preferisca ancora oggi sdraiarsi sui fili, non li ha più  rotti!

3 – Il comportamento adottato quando viene da fuori in casa e, per caso si siede incerto al centro di quattro porte aperte indeciso a pensare (come spesso fa), è allora che deve vagliare le informazioni sui contenuti delle 4 stanze mappate con accuratezza in precedenza, informazioni, che riesce a mantenere nella sua incredibile memoria, in maniera da poter sospettare delle variazioni che possono essere avvenute in sua assenza, perché è in quelle che potrebbe annidarsi il pericolo! A conferma, in una di queste occasioni Gabriella aveva occupato lo spazio della camerina per stirare disponendo oggetti per questa attività, lasciando però libera la poltroncina dove riposa sempre il gatto, quando sceglie questa stanza. Il Ciuci dopo aver mappato questi oggetti per lui nuovi, annusandoli e esplorandoli con le zampette, decise che non c’era niente di pericoloso (la sua ipotesi corroborata!) e si accomodò sulla sua poltroncina stando ad osservare Gabriella con i suoi occhi gialli spalancati. Si mise subito a rugliare; allora Gabriella gli parlò con le solite affettuose parole di sempre e lui si acciambellò, esponendo la guancia ed il collo in attesa del “crecchio con grattino”. Da notare che spesso quando si arrotola cerca di poggiare capo e musetto sulla parte distale delle 4 zampette e della coda, cioè di porre tutti gli strumenti di interazione con l’ambiente vicini e disponibili ad occhi, testa e dentini aguzzi! (vedere ultima foto)

4 – Che il nostro gatto possa formulare, in maniera inconscia o parzialmente conscia, a se stesso ipotesi e conseguenti aspettative, lo possiamo intuire anche da un altro complicato accadimento. La poltrona del tinello è generalmente occupata da Gabriella, ma se  Gabriella si muove nei dintorni o è seduta su una sedia, allora può essere occupata da lui, e quando lei arriva o si alza, fugge via lasciandole il posto. Quando però ha compreso (in un gioco di falsificazioni e corroborazioni) che può sdraiarsi sulla poltrona senza che nessuno lo rimproveri, allora si adatta anche a dividere il suo spazio con altri.

5 – Il Ciuci è felice quando  uno di noi si sofferma in giardino; controlla dove andiamo: se ci avviciniamo al cancello lui esce pensando  di accompagnarci fino alla macchina; se invece ci sediamo in giardino lui fa “le prodezze”, ci fa ammirare quanto è bravo salendo velocemente sugli alberi intorno e aspettandosi il nostro “bravo”!

A fronte di quanto detto siamo convinti che il nostro gatto Ciuci, che per sua scelta, da anni, non usa più la lettiera (i gatti, si sa sono molto puliti, a volte hanno il fiato maleodorante se hanno mangiato cibo a base di pesce!), possa uscire di casa quando vuole sia di notte che di giorno. Esce per alcune ore al giorno e di notte, ma rientra sempre circa alle stesse ore quasi possedesse un orologio interno. Conosce molto bene il suo mondo esterno e lo controlla tranquillamente con i suoi innumerevoli protocolli comportamentali sempre pronti e attivi in memoria, sperando naturalmente di non incontrare eventi così improvvisi da renderli non prevedibili, a togliercelo o a danneggiarlo per sempre! (per es., un umano nascosto gattofobo con una carabina, un arco, o forse magari una pinza, per poter strappare “di brutto” un unghiolo, da vero delinquente! e Ciuci ha subito forse anche questo ). Qualche mese fa, infatti, arrivò dolorante a casa zoppicando, trascinandosi un grosso unghiolo della gamba destra anteriore, pendolante da un legamento di circa 5-6 cm! Il veterinario disse che un evento come quello non lo aveva mai visto! e fu costretto a tagliare “di brutto” l’unghiolo insieme a tutta la radice, e così il gatto è rimasto indebolito nella difesa per tutta la vita.

Riassumendo comunque pensiamo che il cervello del nostro gatto, tornando alla piccola scala, abbia superato l’efficienza delle così dette reti neurali, ancora in studio, che, per alcuni ricercatori, sembra, abbiano necessità interna di feeback per controllare i propri errori di percorso e questo fatto sembra aprirebbe in qualche modo la via verso la scelta libera, non casuale (LIBERO ARBITRIO)….(leggere, per es., alcuni passi del testo di J. Satinover, op. citata, cap. V°). Se l’umano non è una macchina, non lo è neppure il nostro gatto! Azzarderemmo affermare che il nostro bastardino sembrerebbe, a volte, indirizzare arbitrariamente il proprio addestramento! e di esso diventare così arbitro assoluto a differenza dei gatti di razza più ammaestrabili e quindi meno liberi e degli altri viventi non umani.

Concludiamo riassumendo che il gatto, in particolare il nostro, fortemente curioso, tornando a ragionare sul reale a grande scala, raccoglie informazioni capillari dal territorio, variato e variabile in cui vive, le memorizza nella sua capace e potente memoria, rielaborandole poi probabilmente quando sembra addormentato (e dorme per molto tempo! ). Costruisce così, attraverso la successione popperiana un poco semplificata e reinterpretata, numerosi protocolli di comportamento variabili nel tempo – di difesa, di offesa, ricerca del cibo… o  di tenero conforto – efficaci per la sua vita, affinché tutti i diversificati ambienti visitati e da visitare non contengano sorprese per mantenere – con la vita e con gli eventi molto svariati che vi incontra – un rapporto favorevole per lui, ….ma, per mantenere, in particolare, con gli umani della sua famiglia sempre il solito grande affetto. Di fatto, nel mappare intenso l’ambiente esterno, incontra, certamente più del cane ed altri animali domestici, in positivo o in negativo, altri gatti, cani, topi, ramarri, lucertole, uccellini,… ma anche trappole, terreni avvelenati… per non parlare di macchine biciclette motorini … e umani talora pericolosi per superstizione, per sciocco divertimento o per cattiveria… [una favola metropolitana infatti insegna, se vera, che più commetti ingiustizie e soprusi gratuiti a danno di un qualsiasi “prossimo che vive”, otterrai per te miglior qualità di vita!! come a dire, mutuando un verso di una canzone pseudo-goliardica, “i pezzi di merda non muoiono mai”: (MUORE LA PECORA E LA CAVALLA, MUORE LA MUCCA NELLA STALLA, MUORE LA GENTE PIENA DI GUAI, MA I PEZZI DI MERDA NON MUOIONO MAI!]

Alcune risonanze di quanto raccontato forse ci sono state suggerite anche da alcuni passaggi nella lettura del post di Dario Antiseri “Memoria biologica, Mondo 3 e stati problematici oggettivi” riportato in questo blog.

Protocolli di comportamento insomma, in generale per tutti, non sono sicuri e più dubitiamo di essi e più siamo disposti a crederlo,… più impariamo dalla vita e così più numerosi saranno i protocolli in memoria e più ci sentiremo in sicurezza. Non facciamo come nel racconto del tacchino del matematico-filosofo B. Russell che pensava, al sorgere del sole, di avere il nutrimento, invece trovò la morte… per nutrire gli umani! Facciamo morire le nostre teorie al nostro posto, in questo insegnamento sta qui la soluzione per una vita forse meno serena, ma più intensa e protetta. E’ per questo che molti pensatori religiosi considerano che lo stesso sorgere del sole la mattina possa essere in effetti da considerare un vero e proprio miracolo! Così il nostro Ciuci lo abbiamo scherzosamente ribattezzato “Il grigio quasi popperiano con i baffi!”

Infine, se nel corso del tempo, girovagando nell’etere, a qualche studioso interessato di etologia o quant’altro, prima o poi fortuitamente, gli capitasse di gettare uno sguardo a “ilsillabario2013.wordpress.com“e leggesse per curiosità il nostro post “Ciuci, il gatto“, gli saremmo grati se volesse e ampliare il discorso e/o correggere le nostre argomentazioni considerate sbagliate, inviando un proprio scritto a: ao123456789vz@libero.it; lo aggiungeremmo e/o integreremmo, nell’articolo, così come è, rispettando tutte le Vostre coordinate. Un grazie sentito in anticipo.

COME SCRITTO ALTERNATIVO Friederich Nietzsche manda un commento sintetico al nostro blog del tipo:

DU BIST EIN UNTERMENSCH

riferito agli autori del precedente articolo sul Ciuci

 I nostri post si articolano su scritti partendo da punti di vista diversi. In effetti è apparso un intervento, di autore presumibilmente di lingua tedesca (Friederich Nietzsche), che nel giudicare il precedente nostro articolo, che parla del nostro gatto Ciuci, ci ha avvicinati ad un livello inferiore nell’albero della vita (UNTERMENSCH!) e può anche darsi, che, per certi versi, abbia ragione! la non condivisibilità, per una discussione, era prevista e voluta già nel titolo (ma non certo per una nota di disprezzo che puzza di vendetta gratuita). Lui stesso, il vero UMANO, peraltro, vede il nostro caro Ciuci, addirittura, secondo la modalità dello scritto sarcastico, correggendo un tema sul gatto, tratto dal Vernacoliere toscano, trasferendo anche due nostre foto del caro gatto al fine di intensificare il sarcasmo! [per il controllo, dal blog, cercare col Tag “Scritti Sarcastici”]

Davvero non ci sembra un punto di vista corretto, né molto umano, e né molto culturale, anche perché utilizza, per il suo scopo scritti e foto che non sono farina del suo sacco !!!

I docenti: Piero Pistoia e Gabriella Scarciglia

 

SEGUONO ALCUNE FOTO DI RIFERIMENTO DEL NOSTRO GATTO

Qui il nostro Ciuci aveva due anni (24, secondo una formula riferita agli umani) e a Febbraio 2022 ne avrà cinque (38, sommando 4 ad ogni anno successivo) ed è dell’Acquario, con tutti i suoi pregi e difetti

Nelle due foto precedenti appare un gatto “abusivo”, non so come sia salito sul terrazzo ad est ed il Ciuci sta di guardia a che non entri nella sua casa
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La poltrona nel tinello del punto 4
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UN PRESEPE NON CONFORME, perché acquista significato dal concetto di RISONANZA MORFICA, che è ancora in fase di ricerca e sperimentazione al margine delle accademie (con breve argomentazione di Pier Francesco Bianchi a sostegno di questo scritto); di Piero Pistoia

In fondo una breve riflessione dell’Amministratore

Nella mia sala, più o meno ordinati, ci sono sassi, geodi con cristalli (calcedoni, quarzi, magnesiti),  fossili, sculture che potrebbero somigliare ad “idoli”….insomma “oggetti” del creato e anche, se indirettamente, degli umani, che, secondo la mia intenzione, potrebbero rimandare nel complesso a tutte le “cose” che esistono nel cosmo. Reinterpretando questi oggetti, in nome anche della tolleranza generalizzata di pensiero emanata dalla globalizzazione, ho pensato di progettare un piccolo Presepe descritto sotto.

DIDASCALIA-Foto di un frammento di una parte del presepe che, nella mia intenzione, dovrebbe “simulare” tutte le “cose” dei pluri-Universi, che guardano curiose, attonite e perplesse alla parte umana del presepe, situata davanti, che si articola intorno alla capanna dell’EVENTO SACRO di cui è assente
la foto. In prima fila si notano i fossili del grande riccio (Echinide) pliocenico, CLYPEASTER pentagonum, dietro, geodi di calcedonio, opale, quarzo e magnesite e specie di idoli vari scolpiti in pietra arenaria e legno da umani, e dalla Natura (i sassi mammellonati)……….

“Il verbo era nel principio ed il Verbo era in Dio.

Dio era il Verbo. Questo nel principio era Dio.

Ogni cosa fu creata per suo mezzo e

senza di Lui nulla fu fatto di ciò

che è stato creato”

(Vangelo secondo San Giovanni, fine I° secolo)

“Il Tao genera uno,

uno genera due,

due genera tre,

tre genera tutte le cose”

(Laotzu oltre 4000 ante Cristum natum)

La Creazione ha in sé il potere, accompagnato dal Dio (al di fuori del tempo; tag: Freccia del Tempo), di diversificare, di moltiplicare, evolvere dal semplice al complesso, al molteplice, e questi contenuti si ritrovano indipendentemente, in quasi tutte le cosmologie antiche e in quasi tutti i miti della Creazione in ogni tempo ed in ogni luogo (in ogni particella della Creazione!)

Chi volesse leggere di piu^ sul concetto, in via di precisazione, di “Risonanza Morfica”, da questo sito (ilsillabario2013.wordpress.com) può cercare con il tag, per es., Risonanza Morfica o Sermonti.

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Su questo postulato ho ricevuto una mail il giorno 02-02-2021 da parte del dott. Pier Francesco Bianchi (amministratore del blog) che qui riportiamo:

Caro Piero,

ho riflettuto su quello che hai scritto e sul postulato che hai messo alla base del presepio che hai fatto per Natale. Queste particelle di un oggetto animato o inanimato, se al minimo cambiamento, emettono una vibrazione o un’onda che si propaga nell’Universo, certamente il Progettatore di esso le percepirà e le comprenderà. Certamente però il Creatore non ha influenza su questi cambiamenti, altrimenti non si spiegherebbero tanti avvenimenti che accadono sulla terra. Però una volta che il Creatore ha percepito questo, non è dato di capire che cosa farà di questa sua percezione. [Certamente avrà il modo di registrarla nella sua infinita memoria; N.d.A.] . Quindi comunque queste particelle saranno in certa misura in contatto con il Creatore e pertanto in questa luce ha senso fare partecipe questi oggetti alla nascita del Figlio di Lui. Questo è quello che penso; non so se ho centrato la tua argomentazione.

Da pfBianchi@ hotmail.com

N.B. E’ opinione dell’autore di questo post che il rapporto fra il Creatore architetto e la sua ‘creatura’ non si limiti alla sfera morale! Questa interpretazione molto limitativa sembra dipendere dalla situazione storica con i relativi interessi emergenti degli umani. Se non vogliamo che l’atto creativo sia opera di magia, indebolendo la credibilità e la figura del Creatore, è necessario pensare ad una sua applicazione di numerosissime e potenti leggi razionali (o forse anche non, da noi impensabili) conosciute e sconosciute (ancora da scoprire, forse e lo speriamo, nelle ombre della meccanica quantistica-relativistica) nella sfera della FISICA-MATEMATICA la cui emergenza, dopo sette giorni (o quanti furono!), si rivelò essere l’intero Universo capace di evolvere, non ancora completamente mappato!