NOTE DEL COORDINATORE-EDITORE (NDC) Piero Pistoia
E’ possibile vedere molte foto dei ‘mammellonati’ nel post relativo ad essi in questo blog e insieme avere informazioni su come osservarli anche in posto (articolo – ricerca del dott. Giacomo Pettorali e del dott. Piero Pistoia, integrato a ‘zibaldone’ da svariati altri personaggi della cultura).
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MAMMELLONATI_DI_MONTEBUONO_Susanna Trentini in pdf
Mammellonati in acqua
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I SASSI DI MONTEBUONO: I MAMMELLONATI ED ALTRO; riflessioni personali della dott.ssa prof.ssa Susanna Trentini, al tempo dello scritto laureanda in filosofia
PARTE PRIMA
Guardate questi sassi.
Viene da chiedersi cosa significhino, perché nei suoi elementi la natura parla una lingua muta , traduce un linguaggio che non è convenzione da noi controllata, patteggiata, stabilita.
Eppure è una lingua che ci esiste, che ci fa esistere. E quanto dice ognuno di questi massi lisci, ognuna delle sue fessure, e, come per contrasto ogni terra ruvida, arsa, sbriciolata, che per antitesi ci viene alla mente e alle dita….
Ognuno di questi sassi parla alle zone della nostra anima che non decidiamo come rispondono, di cui non padroneggiamo le catene, i simbolismi, le associazioni emozionali. Parla ai nostri cinque sensi, al tatto, e al nostro bisogno di toccare, e alla tattilità in generale, e alla musica in cui l’anima è tatto.
Ogni sasso è un’emozione, una parola, un pensiero che non in un altro modo potrebbe essere detta.
Ogni sasso è una carezza di irripetibile forma, un’immaginazione di cui toccare la musica.
Quando la natura parla non ci asseconda, è unica come lo è il sentirla, intraducibile come il suo stesso canto.
E’vita senza verbo, un’impotenza a comunicarla, e un movente a comunicare. Di sicuro non possiamo avere il potere di restituire ciò che proviamo.
Ci penso: noi non saremo mai il sole che tramonta, e con le parole, in fondo, neanche l’emozione che ci dà possiamo rendere. Ma possiamo unirci ai sassi e alle stelle e al sole, ogni giorno diverso, ogni giorno lo stesso, consapevoli che nell’insondabile incontriamo tutto questo. Consapevoli che nell’insondabile facciamo poesia tentando di restituire il divino.
Con le parole e la letteratura preghiamo di rendere il tramonto del sole, con le età della nostra vita lo siamo, con il dolore del nostro amare lo traduciamo inconsapevoli fin da giovani, o fin dall’inizio, quando si nasce e accade il nostro primo essere strappo al nulla.
E ugualmente tentiamo di cantare questi sassi, ma è la nostra vita che si modella di tempo come il loro levigarsi di epoche, e sono le nostre sensazioni che si elaborano in divenire per avere anche una posa di macigni nel bisogno nostro d’eterno, d’eterno posato dove tutto scorre, come i sassi sul fiume.
Ma che sono i sassi? I sassi nello stomaco, i sassi sulle spalle. I sassi che pesano, che restano, che ostruiscono, che testimoniano.
Il nostro corpo è pieno di sassi, è pieno di acqua, è pieno di tempo e di inizio.
Il nostro corpo ricettacolo della nostra immaginazione, della nostra libido, del nostro dramma di transito, di fascino. Di pietre che conteniamo, sciolte o insolubili, e di pietre fuori, su cui ci proiettiamo, che sciogliamo investendole di liquido flusso, o che ci sopravvivranno, impermeabili, intangibili, imperterrite.
Guardo questi sassi. Qualcosa in me li tocca, li sente, li trova dentro la mia mente, il mio stomaco, la mia psiche.
I sassi sono nodi, sono segnaposti, cippi, steli, ruzzolamenti d’anima che si fermano.
I sassi sono resti, sono pesi che incombono dal passato, o che somigliano tondi al matrimonio dei contrari che fa la sfera, alla completezza dell’atemporale dove le dimensioni temporali si uniscono. Dove solo con il passato il presente può abbracciare l’ignoto futuro, ricongiungersi agli albori interi, originari. Sfere. Sfere atemporali di istanti pieni di tempo, apologie di completezze irrisolte, solo tensionali, matrimonio di significati, di continuità, del ricordo con la nuova e nota inspiegabilità. Involontari cerchi a somatizzare memorie. Pietre piene, verso il tondo e l’anello, e il nuovo e il ritorno.
I sassi sono volti, sono ricordi, sono presagi, sono sfere divine cadute sulla terra a diventare imperfette del miracolo del loro esistere, e del loro esistere per noi.
Il miracolo dell’esistenza è la sua imperfezione.
-Perdiamoci nei sassi, in un libero flusso. E’ un alfabeto potente ed esterno di natura, per questo diventa soggettivo, dove ognuno può scegliere cosa identificare, un alfabeto vasto.
Forse sono i sassi che ci guardano,…. perché noi li liberiamo dalla perfezione di un indistinto in cui sono panismo agli altri elementi naturali, in cui sono panismo a dove si trovano contestualmente inseriti e uniti, e domandano di svincolarsi….magari ci chiedono di poter corrispondere ciascuno, con la sua forma limitata , ad un limite nostro soggettivo ma partecipato, e vasto, vasto quanto il nostro immaginario personale….Sì, perché mai univoca e assoluta è l’associazione di sassi o altri elementi che la natura partorisce come significanti, a un nostro significato…
Allora….
Usiamo il serbatoio magico in noi….vediamo…..
Nei sassi ci sono visi, nasi, occhi che ci cercano dal fiume….
Nei sassi ci sono isole, profili di terre da cercare navigando…
Nei sassi ci sono graffi, scalfiture come nella nostra memoria…., nei sassi c’è il lavoro inarrestabile del mare e dell’oceano che leviga e consuma la terra, risciacquando la nostra esistenza…Raccontando….ripetendo ciò che accomuna ogni uomo….e ciò che da chiunque lo allontana, lo separa…perché dell’amore abbia bisogno, affinché l’amore sia tensione, forse nell’impotenza più piena…
Nei sassi ci sano ombre quando scende la sera sulla loro forma, sono scogli di fiume, ma arrotati di sale quasi…
Se i sassi potessero urlare cosa a loro brucia direbbero quanto sale sta nell’acqua dolce, come nella vita dell’uomo le cose dolci bruciano al ricordo….e fanno sale sulla ferita con il miele di ciò che non ha doppio, che non si ripete….che motiva esistenze intere senza poter essere ritrovato….
Per Eraclito tutto scorre, e mentre tutto scorre i sassi restano? Ma allora sono segni, tracce di presenza, bisogno di ricordare, che l’uomo senza memoria non è umano, i sassi,no, sono sassi anche senza ricordare, ma un’anima forse ce la hanno, e ricordano….Viene di pensarlo….
Sarà mitopoiesi proiettare sulla natura, sarà primitivo cruento dell’infanzia attribuire emozioni alle cose non viventi, ma guardateli, quei sassi vivono….sembrano vivere, non somigliano alle cose rimorte che ingombrano una piena dell’esistenza: sono troppo pieni per non tradurre il moto, e sono troppo feriti per non avere sangue…
Questi sassi sono seni, diventano trasparenti, antecedenti alle epoche, questi sassi sono grossi ventri rotondi di Veneri ancestrali, questi sassi sono l’inizio, e meteoriti cadute….Questi sassi sono una gestazione di madre, di terra, di suolo,un matriarcato fecondo, eppure sono anche visi di maschi, o maschere, irregolari, un pirandelliano non riconoscersi…
Questi sassi sono orecchie al sotterraneo, sono palle con cui giocano i cuccioli dei giganti….questi sassi sono pianeti in un universo d’acqua, scagliati da un big bang che la mente immagina di fuoco sulle trasparenze del fiume….e diventano colori, “gigantesche” biglie, non carboncini se non sulla tela che sente le ombre quando scende la sera sui letti d’acque….e le ombre si sentono nelle mani, e i sassi, allora, li si sente nel cuore….e le tinte bevono scurendosi…..come bagnandosi…..
Questi sassi sono reperti, reperti di un universo non artificiale, memorie del non costruito, memorie della pochezza e dell’impotenza dell’uomo, eppure la mente e il corpo e lo spirito d’ogni uomo possono ricreare quelle pietre mentre quell’uomo le sente, e le sente in ciò che solo per lui rappresentano, nel proprio istinto, nella propria fantasia, in quel preciso inconscio istante che non sarà reso, che passerà…
Ma allora questi sassi sono storia, storia umana se l’uomo la inventa, e storia libera dall’umano, storia che non addomesticheremo, perché ci oltrepassa, e accetta solo una nostra breve fantasia, una breve sensazione che si dilata a rappresentarsi……..,anche nella meraviglia e nel dramma della propria impotenza…….questi sassi sono spacchi al nostro senso di potenza e sono sublime che ci ricomprende al tempo…..e al disegno infinito di un incontrollabile universo…
Questi sassi sono da contare, come cabale non catalogabili, sono il primo abaco alle dita e al ventre….o sono materia sostrato del sogno che la terra cambi colore e possa diventare oro, e che l’oro sia astro e non soldo nella mia fantasia vige, chissà in quella dei maghi, dell’alchimia e del Graal…
Allora possiamo giocare, usarli come simboli più che come quantità, adoperati per un’aritmetica magica, per una scienza sragionante, sono scienza a mutare, e contarli li rende speciali, ma in base a regole alchimiche primigenie,…..allora sono materia di quanto la terra bassa è pietra preziosa che si eleva dentro di noi…..
Questi sassi sono palazzi, roccia da inserire nei nostri palazzi, quelli prima dei grattacieli, noi non domeremo mai le pietre che abbiamo usato nel nostro costruire, ogni pietra lavorata o adoperata è divenire limitato e limitato esito di quell’immaginazione che tanto ci rende umani mentre la guardiamo nel suo primo contesto, quando ancora la sua identità è potenziale e indefinibile…
Anche noi siamo tutto in potenza prima di divenire adulti, prima d’essere solo qualcosa di tradotto dell’indistinto dei sogni…….ed umano è il cruccio d’essersi spesi in qualcosa soltanto, in irreversibile scelta, ma che sia limite d’amore,…..sia ricchezza imperfetta di poter dire ho vissuto se c’è stato amore……
Che poi anche la nostra identità è indefinibile, come quella dei sassi…sì, questi sassi ci insegnano l’umiltà, i nervi dell’uomo del novecento che è le sue mille maschere pretese vere, ma in fondo immaginate, in un viaggio che si arresta senza poter corrispondere, e segue nell’acqua del fiume….
Questi sassi sono tutti i visi e nessuno, l’identità è un equivoco, bisogna posare con i sassi in una follia anonima per conoscere attraverso il sentire, la sensazione….perchè sembrano immobili i sassi ma non si arrestano, come la vita che non intrappoli, e poi non sono mai gli stessi come noi, dialogici a destini e ambienti: i sassi vivono in relazione a un un letto di fiume che scorre, che secca, che ogni mattino senza posa muta,e non c’è cosa che resta uguale mentre cambia l’acqua che la accoglie, se quella cosa incontra quell’acqua perennemente differente….
Sì, perché ogni cosa esiste “con”, esiste “in base a”, esiste in un contesto, ogni amore in base all’interlocutore e all’epoca, e ai momenti di una vita se di una sola vita si parla……..
Ma mi chiedo:c’è qualcosa di immobile in noi umani, qualcosa di immobile almeno temporaneamente, come quel parziale restare fermi dei sassi, e come quel loro cambiare tanto lentamente da sembrarci uguali a se stessi ,data la lentezza del loro trasformarsi? Poiché anche questo cogliamo, che la pietra è più lenta di noi, più ferma…almeno in apparenza…
Chissà, forse il mutare lento delle pietre, che non si può cogliere in pochi secondi, somiglia all’uscita benedetta del tempo che l’amore consente , che l’amore consente anche fosse errore, nel tentativo di non lasciar macinare quella tensione a mescolarsi che è animalità nell’unicità: magari ogni sasso traduce quell’abbraccio,….elevatezza della materia, materia come oscura carne in abbraccio nel pieno dei sassi…nel suolo, ….. sassi come pulsioni che escono e arrestano lo scorrere….
Ma la passione forte brucia, consuma, vorticosamente: che anche quell’istinto possa posare con una certa immobilità?
Sì, dentro noi, nel ricordo, nel bisogno che ci fa amanti perenni anche da soli, e forse il fiume dove si trovano i sassi è quell’interno dove i nostri fuochi vissuti posano, e si fanno sassi…..
Ma si fanno cenere, sassi frantumati, o fuoco ancora, fuoco sfuggito al mutare nel ricordo……fuoco che sopravvive, mai pietrificabile, in movimento continuo che arde, sprona, morde….
E’ tutto molto confuso, quando la vita è un vulcano….I sassi allora sono lapilli che vengono schizzati e scagliati al cielo dalla pancia del mondo, come Van Gogh schizzò al cielo, dal peso della Camargue, la sua notte stellata….e dalla sua follia endogena il suo volo di corvi nel grano, incandescente come la lava, schiantato come la sua pazzia….e la terra ha il potere d’essere pazza, l’universo si muove secondo moti di pazzia, e Dioniso secondo furori sacri e matti d’oscuro…
I sassi ,sì,mantengono il loro arcano anche nel garbo di un giardino, anche fossero in un giardino all’inglese, perché ciò che si lega alla terra è sempre doppio, ha in sé il selvaggio, il non coltivabile, comunque lo si componga, a significare, o semplicemente a sprigionare irrazionalmente….
Perché, che l’irrazionale non abbia senso, francamente, è per me la più grossa delle stupidaggini…. ……..
-Mi sembra l’abbia detto il piccolo principe che gli adulti non rintracciano nelle forme disegnate nient’altro che la spicciola plausibilità per somiglianza. Ora io vi dico che violenza è associare alle cose ciò che meramente somiglia loro mentre tutto può significare tutto? Forse il collante tra forme e sensi non è associazione logica e abitudinaria, ma dettata dall’amore, anche quando pare la cosa più incomprensibile…, o la cosa più assurda…
Non possono questi sassi essere le mura del mio mondo tormentato? O un seno felliniano? O fantasmi? O la sfera della fata guardiana,una delle tre guardiane, quella del destino, quando il mare e i boschi di Irlanda diventano tondi come un mandala alata, di femminile e bendato dominio?
Non possono essere, questi sassi, altrettanto, la mela blasfema del paradiso terrestre, e la disobbedienza che motiva la nostra vita?
L’illusorietà dei manicheismi, la disobbedienza come virtù’?
E non possono essere lapidi luttuose a ricordare, senza nomi incisi, proprio chi abbiamo amato nella purezza della natura che, per anonima che sia, non somiglierà mai alle fosse comuni in cui l’uomo dimentica i propri morti? E ancora può ogni sasso conoscere l’unicità più dei sepolcri foscoliani?
Può essere ogni sasso una pancia gestante sogni?
Possono essere, i sassi, in quanto pietra, una sorta di materia da scultore, una materia che l’arte fa sviluppare come dal marmo usciva la forma Michelangiolesca? Un marmo grigio all’invenzione, dove nasce colore con la forma….Scultura colore…non grigio, non bianco….
E bianche sono le strade del sud nel nostro cuore, di polvere senza sassi…
Ma poi cave, sassicaie, stavolta bianche loro, talora grige…..Il colore dipende da cosa si estrae nella cava……E se la cava è di novelle, o di miti?
Ecco, ……ecco, ho trovato questi sassi, ho trovato cosa sarebbero allora, o cosa sono: sono fiabe. Sono la nostra fiaba.
Sono un volo peso a terra. Sono un rammento del fantastico che resta e non vuol morire, che chiama ciascuno al pari diritto di inventare e d’essere il proprio sentire. Di essere il proprio sognare…perché niente quanto la natura concede libertà e pari diritti laddove la sua è potenza da tutti interpretabile, e da nessuno assoggettabile.
Perché nessuno al potere può dire “I sassi sono solo questo”.
Perchè quando qualcuno trova dei sassi, e decide solo lui cosa sono, e pensa di controllarli, o di poter imporre un loro senso immodificabile agli altri esseri viventi, allora esiste Babele e la dittatura.
Ogni cosa è “relativamente”, ogni cosa è ciò che per noi significa nel caleidoscopio infinito dei significati che esistono in base al nostro pensiero che ama anche l’esistenza dell’altrui emozione, dell’altrui pensiero.
Di differenze e ricchezze è la vita.
E non c’è un sasso uguale a un altro, un animale uguale a un altro.
Ma tu diresti mai “Ecco per quel sasso lì sbriciolate tutti gli altri!”, oppure diresti mai “Quel sasso lì suggerisce solo ciò che ho in testa io, solo ciò che sento io!”…..Io posso fare una piramide di sassi, ma franerà prima o poi, perché quello che conta, se proprio voglio farla, o se ne ho bisogno per passione, per dare un senso alla mia vita, è che io sappia che per il mio amore ho messo un sasso sopra agli altri, e che gli altri sassi reclamano la stessa vita…e che l’immobile non lo è mai così tanto immobile, e che un altro essere sfarebbe la mia piramide, e per amore terrà nei ricordi la mia….. Non sono piramidi basate sul valore assoluto dei loro elementi quelle fatte da mani pure, sono forme e non piramidi, forme dal cuore pulsante, come ognuno di questi sassi…., forme dure e lisce con il cuore morbido e ombroso, oscuro o multicolore….Però confido che si può dare la vita per un sasso che è al primo posto nel nostro cuore, ci rende necessari, e grati….e al contempo senza assoluti, pieni d’amore per ogni sasso che esiste……
Questi sassi sono un canto che dura il tempo di quando li accarezziamo o li immaginiamo, e questi sassi sono l’esistenza, perché dureranno più di noi come la vita che continua senza noi, e che continua quando chi amiamo muore o ci abbandona….ma nella straziante bellezza di tutto mi piace pensarli come una piccola scia di eterno, come ho sete e bisogno io, nell’umiltà di tanta poesia che, dio mio, quanto mi oltrepassa mentre mi è donata…….
E penso e sento, fin da quando ero bambina, che forse quando gli angeli si incarnano è come se dall’etereo, e dalla perfezione rarefatta e totale, accettassero il peso che tiene a terra, quel peso della morte che esiste, del limite in cui ha senso amare, e chiedere di dio.
PARTE SECONDA
Oltre a scrivere tutto quello che di getto sto scrivendo come a me nasce dentro, mi era stato chiesto di scrivere anche un pezzo sui sassi insieme a Renato Bacci (NDC: docente di lettere, di ruolo al Liceo Classico di Volterra (Pisa), con cui spesso ho lavorato.
Ma lui è in viaggio: non abbiamo potuto incontrarci, o parlarne. Allora proseguo da sola, ancora seguendomi liberamente in un flusso.
Renato, per caso, diversi mesi fa, mi ha parlato dei sassi di Matera, che non ho visto mai. Ho sentito sassi vuoti, dove stavano i poveri. Sassi concavi: la miseria abita grotte e pietre. La terra è fertile del valore più scomodo, e meno scontato: questo è stato il mio primo pensiero.
Il ventre della terra genera uomini ricchi di inizio, pieni di suolo, e di cielo, e di fame, mi è venuto subito di pensare.
E poi ,mentre Renato descriveva quei sassi, ho sentito che quando qualcuno tocca la tua memoria storica con quella di sé bambino fa diventare la vita ciò che ti descrive. Un pezzo di vita, di te bambina, che immensamente percepisci. Uno di quei pezzi di vita che immensamente viaggi più che con gli aeroplani, là dove, per anima, sei empatica e ricettiva in una forma devastante.
Poi ho sentito la vita intera di chi non mangiava, e aveva i sassi e il sole. Questi sassi che vediamo,svuotati, sarebbero i sassi di Matera. Potrebbero. Io li sento partorienti, sonanti ora.
Rimpiccioliti questi sassi qui, a Pomarance, sì, qui, non a Matera, ma attribuisco a loro lo stesso senso di quelle dimore di Sud, tremanti, fisse, in un’associazione che mi fa il cuore, che il corpo rende avulsa dal nome dei paesi. Un’associazione che mi si sveglia nel sangue. Percepisco con fisicità.
E mi dono alla bellezza della vera memoria, che è singola e insieme universale, collettiva, ancestrale: ora mi pare tutta in questi sassi. Li guardo alla luce delle storie che solo l’amore racconta.
Li guardo con gli occhi che l’amore presta quando dedica ciò che di lui fa parte mentre un’altra persona dona. Un’altra persona nell’epoca dei calzoni corti.
Sento la mia vita all’epoca della guerra, di mia nonna, sento quanto amo la sua borsina scomparsa, le mani. Sento la macchia.
Sento anche le lotte dei “sassi” che sono state dopo, e le sommosse della guerra delle idee, delle piazze.
Sento i quartieri popolari,poi i poderi del sud assolati e isolati, gli stinchi dei bimbi. Perché mi sono. E questo mi viene di unire a ogni sasso. E dunque al racconto di quando dei sassi sono case per disgraziati, prima di divenire oggi abitazioni che è lusso comprarsi.
Ed ecco in me il grano che affastella devastazioni. L’arsura, la vita, l’oscurità e l’ombra, le cantine da sempre mio fondo. Ed è in me questo perché questo amo, grido.
E faccio partire tutto dal guardare questi sassi di fiume. Perché ogni cosa è spunto al filo immenso che fa essere ovunque la nostra anima, nel ritorno di noi a ciò che amiamo, che patiamo, che è la nostra soggettività. Lo spunto è una cosa, la catena d’amore si libera dove sentiamo il bisogno, il rimpianto, l’empatia, la partecipazione. La radice di noi.
Questi sassi, da questi sassi può partire tutto.
Dal racconto di chi mi ama io trovo immagini mie, che non mi vengono dette , e che sono alla base di me, da ridonare, per ricompensare del racconto. Quando mi produce sensazioni ignote, sacre all’inizio del mio viaggio quaggiù, le più conosciute da me. Immagini senza le quali non sarei io dagli albori della mia vita mi pare, e senza le quali non amerei così tanto oggi. In questo preciso istante, negli istanti che verranno, in quelli in cui trasmetterò e riceverò.
Noi siamo mille vite, e una vita sola. Noi siamo mille anime da ripescare, da ridonare, da partecipare, siamo origini da dedicare. Mi affascina credere che siamo tutte queste vite da ben prima di nascere.
Siamo incodificati sassi di fiume che l’amore sviluppa, e rende antropomorfi. Ogni volta che amiamo, che conosciamo, che doniamo l’inconoscibile in noi, che lo lasciamo creare in noi dall’amore, dal ricordo di popoli, individui dentro di noi.
Lasciamo che la vita entri, che da sempre sia.
Renato mi racconta di Matera, della scuola con le ginocchia scoperte. Io gli racconto di mia nonna, dei poderi, io canto del mio Pavese, e diventa nostra la Sicilia.
Ora io sono in Toscana. Davanti ai sassi di fiume che un professore di fisica, un geologo di grande valore, ha scelto per studiare. Un professore di straordinaria capacità, che dona al mondo una realtà dei sassi da scienziato. Intelligente all’estremo.
E io allora penso: la vita è ventaglio che unisce e fa convivere.
-Guardo i sassi nel giardino del professore.
Vedo un presepe, vedo natività,ancora è sentire, non vedere. Gesù non contaminato da gerarchie nasce in una grotta. Fieno e pietre, immagino. Non di barocco terreno e di Vaticano. Eppure consistenti di materia, fisiche, nude. Pietre come il corpo che io prego dio ami.
Gli etruschi,poi, penso, chiudevano i corridoi alle camere mortuarie con pietre schiacciate. Più schiacciate dei sassi di fiume.
Ma che sia natività cristiana o al di là etrusco, dalla pietra, secondo me,nasce un contatto con l’oltre, con il divino di dei, o del dio.
Io credo che conti l’amore e l’immaginazione. Per me la pietra ha un sangue, deriva dalla terra. Sento la terra che batte nel mio sangue, io.
Le “lase” etrusche tentano di sbozzarsi da pietre tonde sulle pareti delle stanze dei morti. Stavolta pietre tonde, non schiacciate a chiudere corridoi. Io devo a Renato la conoscenza della parola “Lasa”. Mi ha mostrato lui, tempo fa, quella pietra tonda in una tomba. Mi disse che era per gli etruschi una specie di angelo.
Per me ha un suono divino la parola lasa. Per me i sassi suonano.
E Renato non sapeva che i miei sassi di fiume sarebbero stati anche “lase”. Nessuno sa cosa diventa un segno nell’altrui amore, nell’altrui significato, nell’altrui cammino di mente, e nel viaggio dei piedi.
La Toscana è etrusca.
La Palestina è lontana. Ma qui anche lei, come infinite altre culle sacre in pietra….L’amore e i sassi sono vicini.
La nascita e la morte.
La pietra dove si nasce, quella che suggella la morte, il proseguire altrove….e la pietra su cui si cammina, quella dell’eremita e del fare l’amore…. La scientificità, poi, è in un giardino vicino a casa mia. Il divino attraversa paesi e cuori .
Umilmente, ringraziando le pietre e la terra, le persone e la possibilità di scrivere involando sassi soggettivi come fossero parola …e ringraziando Piero Pistoia, e la sua intelligenza che ricerca, e Renato che crede nei viaggi che sento. E che sa esistere con la naturalezza dei sassi quando vivono,quando davvero vivono.
PARTE TERZA: conclusioni
E questi sassi sono il non trasmissibile, e il mio primo bagno, nel fiume Cecina, che ho fatto appena ieri per andare a trovare la loro origine.
Sono frutti d’acqua gelida,sono la melma che copre i loro fratelli sotto l’acqua pregna di zolfo. La melma che confonde ciò che l’uomo può capire in luoghi dove egli così tanto sente, e dove non può chiarificare. Non deve chiarificare…….se prega di partecipare…..
Sono un battesimo di Giordano, questi sassi, e il temperarsi del corpo alle acque, e al sangue caldo che la terra ricede la sera al fiume deserto.
Sono il corridoio di luce verde azzurra sotto cui i macigni si spostano d’onda. Sono l’elicriso e la croce sul masso più alto, che è a picco sul corpo, quel nostro corpo immerso, che alza gli occhi a dio. Agli dei.
Questi sassi sono come viaggiano lenti sul fondo di secoli, o di veloci imprendibili istanti, e sono come il piede li sente quando dall’acqua fonda torna alla terra.
Sono il vento che muove le piante e l’oro di ogni estate che sta per avventarsi. Di lingue altre. Devastanti e lì, a intriderci di lontano e di primario.
SUSANNA TRENTINI
DA INSERIRE FOTO MAMMELLONATI FRA LE SINGOLE PARTI……..