L’ANTROPO-CENTRISMO ED IL POST-UMANESIMO, (NELLA POSTILLA LE PRECISAZIONI); dell’insegnante Andrea Pazzagli

L’ANTROPOCENTRISMO E IL POST-UMANESIMO

del docente Andrea Pazzagli

1 – Il pensiero occidentale a differenza del pensiero asiatico (cinese, giapponese, indiano) si è da sempre caratterizzato per una forte connotazione antropocentrica che colloca l’uomo al di sopra delle altre forme di vita (animale e vegetale) da cui lo separerebbe una distanza incolmabile. La radice remota dell’antropocentrismo è da ricercarsi già nel racconto biblico dove la genesi mostra come la creazione ha il suo culmine nella creazione dell’uomo che, a differenza degli altri esseri viventi, Dio “crea a sua immagine e somiglianza”, dando all’uomo diritto di podestà su ogni animale e su ogni pianta (è noto che di ciò esistono due versioni: in una all’uomo si destina il ruolo di signore della natura, nell’altra quello di custode, ma sia nell’una che nell’altra è sancita la superiorità dell’uomo rispetto agli altri viventi).

Non diversamente anche il pensiero greco afferma la singolarità dell’uomo, il suo porsi fra gli dèi e gli animali (Aristotele, quando parla della polis, afferma che la polis è per l’uomo, solo gli dèi per un verso e gli animali per l’opposto, ne sono esclusi), e, d’altra parte, lo stesso filosofo di Stagista definisce l’uomo animale, ma il solo animale razionale, il solo animale politico e Anassagora sostiene che l’uomo è misura di tutto. E’ tuttavia vero che i Greci colgono anche la tragicità della condizione umana, l’incomprensibilità della condizione umana all’uomo stesso.

2 – Il Cristianesimo, rappresenta senza dubbio una rottura con le grandi culture, classica ed ebraica e. al tempo stesso cerca di mediarle per giungere ad una sintesi, rimane tuttavia ancorato alla visione antropocentrica ed, anzi, contribuisce a rafforzarla e consolidarla. Il Figlio di Dio che si fa uomo avvicina l’uomo a Dio: è l’uomo che ha peccato, è l’uomo che viene redento dal sacrificio del Cristo, la natura non umana è solo lo sfondo, lo scenario del dramma e della sua risoluzione (solo Paolo parla di un mondo nuovo alla fine dei tempi, ma è uno spunto che non verrà logicamente elaborato). Certo il Cristiano, certo l’uomo medioevale, può guardare agli animali ed alla natura in genere con disprezzo o con tenerezza può vederne rispecchiata la stessa bontà divina (si pensi a Francesco d’Assisi e al CANTICO DELLE CREATURE), ma l’uomo continua a porsi su di un piano a cui le creature non umane non potranno, costitutivamente, mai accedere. Nella sistemazione tomistica, che, del resto, si rifà largamente ad Aristotele, viene ribadita la visione gerarchica dell’essere, dagli angeli puri spiriti all’uomo e, solo, ha un’anima spirituale e intellettiva oltre quella sensitiva (posseduta anche dagli animali) e vegetativa (la sola che hanno le piante). Come si vede si fa una distinzione netta anche fra gli animali (possessori delle anime sensitiva e vegetativa) e i vegetali (cui è connessa solo l’anima vegetativa).

3 – La filosofia moderna (dal XV°-XVI° secolo in poi) muta radicalmente il proprio linguaggio, ma, almeno nella sostanza ultima, resta più che mai legato al principio antropocentrico, accentuandone anzi la portata. Ciò è vero in primo luogo per Cartesio (che, con il dualismo radicale di res cogitans e res estensa, assimila gli animali e lo stesso corpo umano alla macchina) e, in modo originale per Leibniz, mentre Spinoza costituisce la voce dissonante con il monismo assoluto del “DEUS SIVE NATURA” e la conseguente affermazione di un Dio impersonale (se tutto è riducibile ad UNO non c’è più spazio per la concezione gerarchica dell’essere). Tuttavia è la visione cartesiana-leibneziana a prevalere non quella spinoziana. Certamente l’uomo moderno si rende consapevole di vivere in un universo immenso “l’uomo-dice Pascal- è una canna, ma una canna pensante”; è il pensiero che lo fa unico e superiore, non solo di fronte ad animali e piante, ma anche alle stelle ed alle galassie. Quanto si è visto accadere con Cartesio e Leibniz versus Spinoza si ripete poi con Kant

e il neo-idealismo di Fichte ed Heghel (che vedono nella Natura il negativo da superare) e, dal lato opposto, Schelling che, nell’Assoluto, scorge piuttosto l’unità di Spirito e Natura (almeno nella prima fase del suo pensiero).

4 – Il secolo XVIII° con J. B. Lamark e poi più decisamente, il XIX° con Charles Darwin, e la teoria dell’evoluzione della specie abbandonano la concezione fissista della natura, secondo la quale le piante e gli animali attualmente esistenti sarebbero gli stessi che erano agli origini non avendo subito alcuna modificazione o modificazioni solo marginali. La teoria dell’evoluzione, in particolare nella versione di Darwin, sostiene che, per l’azione combinata di fattori genetici e ambientali, la Natura si è trasformata e si trasforma di continuo, alcune specie si sono evolute, altre si sono estinte, altre ancora sono radicalmente mutate. L’uomo non diversamente dal resto della natura, si è evoluto a partire da animali più primitivi ed ha antenati comuni agli altri PRIMATI. A prima vista l’evoluzionismo sembrerebbe comportare il superamento di antropocentrismo: almeno sul piano biologico è un animale come gli altri e il suo DNA non differisce che in poco da quello dei parenti più prossimi. In realtà le cose non hanno seguito un andamento così lineare e, come si vedrà all’interno del pensiero evoluzionista le posizioni in campo sono diversificate.

5 – C’è in primo luogo un evoluzionismo orientato a considerare l’evoluzione un processo orientato a far sorgere, a partire dalle forme di vita più primitive, l’autocoscienza, il pensiero, a culminare, cioè, nell’uomo, visto come traguardo, punto di arrivo dell’evoluzione stessa. E’ una visione accentuatamente teleologica e poco conta se il processo sia agito spontaneamente e inconsapevolmente dalla Natura o voluto da un Dio personale come nelle recenti teorie del “disegno intelligente”.

Anche nel pensiero del gesuita e paleontologo Theilard de Chardin si suppone che l’evoluzione sia la realizzazione di un progetto voluto da un Dio personale (che è il Dio cristiano, il Dio che si incarna), ma , e qui sta l’originalità della visione Theilardiana , l’evoluzione non si ferma all’uomo, va oltre nel senso che l’uomo si disincarna, diventa puro pensiero (per questo non sorprende che alcune filosofie post-umaniste facciano riferimento a Theilard.). L’evoluzionismo più recente è quello della così detta “Evoluzione a salti” teorizzata da Jerry Gould. I sostenitori di questa concezione ritengono che l’evoluzione non proceda gradualmente ma alterni lunghi periodi di stasi a fasi catastrofiche che cambiano completamente e in modo imprevedibile il cammino della vita (come è accaduto per seicento milioni di anni fa con la scomparsa delle specie prima dominanti e, dopo, l’affermarsi di nuovi phyla). Non c’è quindi nessun progetto pre-ordinato, la comparsa dell’uomo è dovuta a fattori casuali e imponderabili, l’uomo poteva non esserci. E’ evidente che questa versione della teoria dell’evoluzione è quella che più si attaglia ad una visione non antropocentrica e al discorso tran-umanista e post-umanista di cui andremo parlando.

6 – Quando, come qui, si parla di post-umanismo non si intende riferirci all’umanesimo rinascimentale, rispetto al quale, ad esempio, è il Barocco a venir dopo: si intende piuttosto una visione ben più ampia e articolata al suo interno, che,,nel pensiero contemporaneo (più precisamente nel pensiero del XXI° secolo) vuole oltrepassare l’uomo, andare al di là di quell’antropocentrismo che ha dominato la filosofia e la cultura occidentale (che del resto, si imposta come superiore alle altre culture e le ha profondamente condizionate almeno fino al presente). Se volessimo trovare dei precedenti delle visioni post-umanistiche nella filosofia del novecento potremmo individuarli in filosofi che, per altri versi, non solo sono distanti, ma si contrappongono: L’Heidegger della LETTERA SULL’UMANESIMO (che accusava l’umanesimo di dimenticare l’essere) e Michel Foucoult che, ne LE PAROLE E LE COSE, proclamava la morte dell’uomo dopo la morte di Dio, da una parte, dall’altra Gilles Dèleuse per il quale niente è stabile, tutto continuamente muta. E’ soprattutto quest’ultimo che, in qualche modo, si ricollega più strettamente alla svolta post-umanistica per la quale l’antropocentrismo è da abbandonare in quanto, mettendo l’uomo al centro di tutto, ne fa il fondamento e l’essenza, quel fondamento e quell’essenza che non esistono, si deve pensare senza supporre un fondamento e un’essenza, questo comporta andare oltre l’umanesimo e l’antropocentrismo.

7 – Prima di procedere, ad illustrare alcuni aspetti del post-umanesimo pare necessario una precisazione: sovente il post-umanesimo viene identificato con il trans-umanesimo che certamente, gli è affine, ma che con esso non si identifica. Infatti il trans-umanesimo sottolinea non solo il legame che dovrebbe unire i viventi (l’uomo che rinuncia alla sua superiorità pretesa e all’antropocentrismo “riconciliandosi” con animali e piante), ma soprattutto mette sullo stesso piano il vivente, a partire dall’uomo e la macchina, ipotizzando un superamento dell’umano (come fa la Holloway) e la fusione con la macchina nella figura de cyborg, cyborg che, nella visone tranz-umanista, è sola la prima tappa di un processo indefinito (non a caso il tran-umanesimo si colloca anche vicino all’accelerazionismo nelle sue diverse versioni). Il post-umanesimo come si esplicita , ad esempio, nel pensiero di Latour che ne fa il presupposto di una nuova e più coerente ecologia, valorizza in particolare le acquisizioni della scienza più recente, che portano ad avere un’immagine diversa degli animali e, più recentemente, delle piante. Il pensiero, la coscienza, la capacità di adattarsi consapevolmente agli ambienti che, finora, erano state considerate prerogative solo dell’uomo “giustificando” l’antropocentrismo, si scoprono presenti almeno in alcuni comportamenti animali e, in forme certo molto diverse, collegate al fatto che nelle piante la mobilità è molto limitata o preclusa, nella vita vegetale (in Italia è Stefano Mancuso lo studioso che ha introdotto questa tematica [se vogliamo leggere di Mancuso un sintetico curriculum e una sintesi chiara del suo lavoro scientifico secondo il seguente INDICE: Biografia-Ricerche scientifiche-Critiche-Riconoscimenti- Opere ed altro, in google cliccare Stefano Mancuso da WIKIPEDIA, l’enciclopedia libera; possiamo anche, dello stesso accademico, in questo blog, leggere la recensione di Paolo Ghelardoni di un testo di Mancuso”]. Sempre di questa tematica, Emanuele Coccia ne ha data una particolare versione con il concetto di “metamorfosi”, la vita che è una e si trasforma di continuo da una forma ad un’altra). Molti pensatori post-umanisti non respingono il presupposto, caro ai trans-umanisti, secondo cui nulla conta che certi processi avvengano in un cervello, umano od animale oppure in un oggetto artificiale come la macchina, ma non per questo mettono sullo stesso piano gli esseri viventi e le macchine che neppure esisterebbero se un essere vivente, l’uomo, non le avesse ideate e costruite. (ma, tuttavia il trans-umanista potrebbe a sua volta obbiettare che, parlando di macchine, egli intende riferirsi alle “ultime” macchine, capaci di pensare, di scegliere, di programmare le proprie trasformazioni per cui nulla conterebbe se l’origine è naturale o artificiale).

8 – Mettendo qui da parte il dibattito trans-umanisti/post-umanisti mi sembra opportuno concludere con alcune riflessioni personali.

a) La prospettiva post-umanistica, specialmente delineata da Bruno Latour, mi pare accettabile se rivolta a superare l’antropocentrismo a favore di una concezione unitaria dei viventi: soltanto abbandonando l’ideologia antropocentrica l’umanità può costituire un supporto non da padrone e da dominatore con gli altri esseri viventi (qui sta il nesso fra post-umanesimo e una nuova ecologia)

b) Ma questo non comporta che l’uomo (come le altre specie vegetali e animali) non possa avere una sua specificità che lo distingua; quindi non condivido la negazione delle essenze (in fondo ispirata a Deleuse, né l’idea di metamorfosi nell’accezione di Coccia), pensando piuttosto ad un rapporto diverso che non produca un ordine gerarchico; detto in estrema sintesi: gli esseri viventi sono differenti senza che nessuno di essi sia superiore.

c) Chalmess, che si è a lungo occupato di mente e coscienza, afferma che è senza dubbio incontestabile l’analogia tra i meccanismi che regolano la mente umana e quelli che regolano la mente animale (ed oggi diremmo anche l’equivalente della mente negli organismi vegetali). Ma, ciò malgrado, sostiene anche che nell’uomo c’è qualcosa di più (o, meglio, qualcosa di diverso). Non definisce però l’analogia, ma ribadisce che qualcosa c’è: condivido il suo punto di vista.

Andrea Pazzagli

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UNA POESIA DI GUIDO GOZZANO DELLA SUA RACCOLTA DI POESIE “LA VIA DEL RIFUGIO”, viene commentata, con spunti di riflessioni personali, “forse” fuori dalle righe (farfugliamenti emotivi che si dipanano lungo un filo razionale) per attivare un possibile dibattito, dai docenti Piero Pistoia e Gabriella Scarciglia

A Rebecca Lena, interessante scrittrice e pittrice, che usa nei suoi “Racconti della Controra”, questi linguaggi umani , forse per ‘entrare’ in qualche modo, attraverso il noumeno kantiano del reale , è piaciuto questo articolo.

F.J. Varela, al termine di questo post, in maniera breve, ma chiara ed interessante, argomenta sull’ assenza di fondamenti delle Scienze Cognitive, con parole mutuate dal testo “La via di mezzo della conoscenza”, Feltrinelli 1992 cap.V°, pag.25

Su questo poeta, si possono leggere altri commenti scritti secondo un canone culturale più condiviso.

Al termine dei 4 riquadri sotto, l’articolo può essere letto anche cliccando su link “gozzano da via-del-rifugio” in maniera forse più chiara ed agile.

N.B. – In qualche passaggio si fa riferimento anche ad un nostro Sillabario cartaceo ormai estinto; ma le stesse informazioni si ritrovano in questo post!