APPUNTI E CONSIDERAZIONI SULL’OPERA DI ANTONIO POMARANCIO; del dott. Francesco Gherardini

SINTESI ARTICOLATA

Leggere l’opera di Antonio Pomarancio , anche sotto la guida esperta dell’Accademica Michelotti Lepri, autrice di un libro pubblicato dalla pro-loco, non è semplice; è necessario guardare agli aspetti stilistici, formali, gustarli e cercare di risalire a quelli simbolici o teologici, inserire l’autore nella temperie storico- culturale e politica del suo tempo, pensare anche ai risvolti morali. Ogni opera d’arte in effetti è parte integrante della storia sociale, civile, culturale , religiosa del suo tempo e non può essere avulsa dal suo contesto. Dunque dobbiamo immergerci rapidamente nelle vicende che contornarono la vita di Antonio , dal 1560 al 1629.

Fu quella una stagione terribile in Europa e in Italia, avviata con l’arrivo sulla scena europea di Filippo II di Spagna , artefice della pace di Cateau Cambresis (1559) che sancì la sconfitta della Francia e la conquista spagnola di un’Italia già disastrata. Sono gli anni post Concilio di Trento , quelli della Controriforma che gettò una cappa di piombo sulle arti e le scienze, è il tempo delle lotte vittoriose contro i Turchi (la battaglia di Lepanto) per il predominio del Mediterraneo e la salvezza dell’Europa dall’invasione ottomana.

Ma è anche il periodo più tragico e sanguinoso delle lotte di religione, che registrarono nella notte di San Bartolomeo il momento più crudele , con la strage degli Ugonotti che tinse di rosso la Senna ; è anche il periodo che segna l’avvento al potere del nuovo re di Francia Enrico IV: il re che tradì la sua parte religiosa, si convertì al cattolicesimo e rese celebre il motto “ Parigi val bene una Messa” , ma anche quel re illuminato che promulgò l’Editto di Nantes , col quale finalmente tentò di porre fine alle guerre di religione e affermò il principio della libertà di culto.

Il nuovo secolo- il Seicento -si apriva col predominio sui mari e nella conseguente moltiplicazione dei commerci dell’Inghilterra e dell’Olanda, in Europa con la celebre defenestrazione di Praga e lo scoppio della guerra dei Trent’anni che dilaniò l’Europa centrale , iniziata di nuovo per contrasti di potere religioso e politico . In Italia intanto si inaugurava il nuovo secolo col processo a Galileo e con il rogo di Giordano Bruno in Campo dei fiori a Roma.

Dopo qualche decennio un grande filosofo napoletano Giovan Battista Vico nel volume “La scienza nuova” cercò di individuare un ordine nello sviluppo storico e di spiegare con la formula dei “ corsi e ricorsi” l’idea che l’Umanità percorre dei cicli storici che in qualche modo assomigliano a una lenta salita a spirale che ripercorre sempre le stesse tappe (età della barbarie, età del senso e della fantasia, età della ragione dispiegata)sempre incrementando il progresso civile ; ma in realtà oggi sappiamo che ogni epoca storica ha la sua peculiarità, è transitoria, in ognuna c’è l’eredità del passato e l’anticipazione del nuovo e non è detto che questo futuro sia migliore del recente passato.

In questo humus , che ho descritto per sommi capi, cresce Antonio Pomarancio.

Ci racconta la sua vita Giovanni Baglione (1573-1643) , uno scrittore suo contemporaneo, uno storico dell’arte che (1642) compose il quadro dei migliori artisti del suo tempo nell’opera intitolata, più o meno come quella precedente di Giorgio Vasari, “Vite de’ Pittori, Scultori, Architetti da Gregorio XIII del 1572 infino a’ tempi di Papa Urbano VIII nel 1642”. Un aspetto interessante di questo libro è lo schema di fondo che suddivide le biografie degli artisti in “giornate” suddivise per papato. Anche solo da questa ripartizione si capisce quale fosse al tempo l’importanza del Papa in Italia e in Europa. Nella prima giornata dedicata a Gregorio XIII compare Matteo Perez da Leccio (a)- che la nostra Nicoletta Lepri conosce molto bene – nella seconda di papa Sisto V si parla di Niccolò Circignani soprannominato il Pomarancio, nella quinta giornata di Papa Urbano VIII arriva finalmente il Nostro, appunto Antonio Pomarancio. Dove l’epiteto toponimo Pomarancio conta assai più del cognome Circignani che viene trascurato .

Dei tre Pomarancio Cristoforo(Cristofano) Roncalli, Niccolò Circignani e Antonio suo figlio, quest’ ultimo è forse quello meno conosciuto, ma è anche quello più attaccato all’attributo di Pomarancio al punto di aver rivendicato il titolo di Pomarancio come un marchio di fabbrica – l’orgoglio di sentirsi pomarancino, lui che era nato a Città della Pieve – con un Atto notarile come ricorda Nicoletta Lepri in questo suo libro. Relativamente meno conosciuto , in realtà molto attivo dopo la morte del padre: molte delle sue opere si trovano in Toscana e in Umbria ,nella Marche e in Emilia , a Roma, alcune sono ospitate a Copenaghen ; è considerato un importante anello di congiunzione tra manierismo e barocco; è accostato da alcuni storici dell’arte per certi aspetti formali all’ideale caravaggesco.

Frescante e disegnatore di stampe, questo era il suo mestiere. Come disegnatore di illustrazioni a bulino , di acqueforti e di intaglio su rame si avvaleva della collaborazione di grandi incisori come il tedesco Johan Frederich Greuter, più giovane di lui e come lui prosecutore delle attività del padre, il giovanissimo francese Claude Mellan, figlio di un fabbricante di lastre di rame o Johan Trotschel, professore di diritto all’Università di Padova e maestro niente meno che di Francesco di Sales.

I temi dei lavori di Antonio Pomarancio (negli affreschi, nelle pitture a olio, nei disegni a bulino) erano per lo più di carattere religioso : Gesù nel tempio, Cristo nel deserto , Miracolo della Resurrezione , La Resurrezione di Lazzaro, Gloria dell’Eucarestia , Lapidazione di Santo Stefano , la Sacra famiglia ecc. Oppure erano Storie di Santi dell’epoca come il cardinale Borromeo o san Filippo Neri o il polacco Stanislao Kotska oppure ancora sfilze di novelle sugli dei e gli eroi del mondo pagano Marte Venere Ercole Pomona Diana Minerva Cibele Nettuno rese con la calcografia oppure rielaborazioni di storie omeriche come “ Alcinoo che assiste con Ulisse alle gare guerresche”, “Achille di ritorno dalla caccia con Teti e il centauro Chirone”,”Diana e le sue ninfe sulle sponde del fiume Eurota”, o infine lavori decisamente encomiastici su Casa Savoia o Cosimo II o l’imperatore Ferdinando II’Absburgo o il re Sigismondo III re di Polonia.

I temi da svolgere ovviamente se li sceglievano i committenti. La Committenza di Antonio Pomarancio era molto ricca, varia e decisamente altolocata , a dimostrazione della considerazione in cui era tenuto questo artista e di quanta stima godesse , evidentemente non era uno dei tanti : era formata da potenti cardinali come i Giustiniani, i Del Monte, i Ludovisi ,i Varallo , notabili romani, gente di Chiesa in genere, famiglie reali o potenti come i Medici e gli Strozzi di Firenze, i Borghese e gli Orsini , i Savoia , alcuni ricchi editori come Girolamo Martelli.

Tra tutte le relazioni intraprese da Antonio per il suo lavoro , c’è una storia che dimostra la sua sensibilità e un po’ di coraggio: è quella del suo rapporto con i ricchissimi nobili austriaci Altemps al tempo dei disegni prodotti per la cappella di Sant’Aniceto e della tragedia che colpì questa famiglia. Qui non si può non inserire una nota sul coraggio di Antonio : avrebbe potuto correre veramente grossi guai , forse rischiare la pelle per il suo atteggiamento di comprensione e di affetto verso una famiglia malvista dal papa Sisto V : Er papa tosto, rugantino e matto – secondo il poeta romano Gioacchino Belli – che si vantava di aver impiccato nel primo mese del suo pontificato quattromila banditi.

Questo papa, feroce repressore senza scrupoli del banditismo e forte accentratore del potere contro cardinali e nobiltà nera, riordinatore della Curia più che riformatore, odiava a tal punto il cardinale Marco Sittico Altemps della corrente più tradizionalista (anche lui naturalmente bene in vista, personaggio molto importante, cugino del grande Carlo Borromeo, figlio di Chiara dei Medici e nipote del papa Pio IV) per aver contrastato la sua elezione nel conclave , da far condannare a morte il suo figlio naturale Roberto ,ventenne e palesemente innocente , una morte atroce per decapitazione dopo un processo montato ad arte per un inesistente adulterio. A nulla valsero neppure le suppliche a favore del marito della giovane moglie Cornelia Orsini e non contò nulla per il Papa il fatto che fosse incinta . Per chiudere la questione , implacabile , papa Sisto V , mentre il Cardinale Altemps si era ritirato definitivamente dalla vita pubblica, fece eseguire la sentenza di morte e contemporaneamente promulgare la Costituzione apostolica con la quale si stabiliva per sempre che chi avesse avuto figli non avrebbe mai più potuto fare il cardinale. In questo clima pesante Antonio Pomarancio non aveva esitato a fare pubblicamente apprezzamenti e complimenti al cardinale Altemps.

Tornando ai committenti, non si può non citare il ruolo dominante della Compagnia di Gesù e il suo controllo sul mercato delle incisioni , allora particolarmente di gran moda tanto da fare concorrenza alla pittura più tradizionale e costosa . La tecnica dell’incisione era già stata messa a punto nel XIV secolo – ne era entusiasta il Vasari, che ne parla come di una grande invenzione – e aveva avuto un grande risveglio con l’incremento esponenziale della vendita delle stampe. Ebbe una grande diffusione perché consentiva di riprodurre e divulgare ad un pubblico più vasto le opere di grandi artisti, in più solleticava quell’interesse per l’alchimia, per gli effetti sorprendenti degli acidi e della chimica , che comincerà a diminuire solo con l’avvento del metodo scientifico con Bacone e Galileo. L’invenzione della stampa (1453-1456 Johan Gutenberg) aveva contribuito in effetti ad alimentare la diffusione dei libri e delle figure – realizzate con sistemi diversi xilografia acquaforte ecc. – che potevano contenere. Si stima che dal 1500 al 1600 si siano stampati oltre 500.000 volumi. Antonio Pomarancio si colloca certamente in questo nuovo mercato, in questo flusso innovatore , con la sua vasta attività di disegnatore per incisioni.

Il controllo sugli artisti era esercitato soprattutto dai Gesuiti , che potevano aprire o chiudere le porte. I Gesuiti possedevano le stamperie più importanti (i torchi calcografici) e condizionavano gli artisti sugli argomenti da trattare e sulle modalità, potevano essere temi teologici ( la trinità, la vergine Maria, la Resurrezione) ma anche tecnici o scientifici, storici o filosofici. Tutto sempre sotto il loro controllo.

Dopo il Concilio di Trento erano stati fissati gli indirizzi teorici sull’Arte, per ribadire il ruolo della Chiesa come mediatrice tra l’Uomo e Dio e l’intoccabilità del Papa. Erano stati ripristinati il Tribunale dell’Inquisizione e la Censura contro le opere considerate contrarie alla dottrina cattolica. Le immagini assumevano un’importanza fondamentale per la Fede, erano la Bibbia dei poveri e degli analfabeti (che ovviamente coincidevano). Il controllo era esercitato dalle Autorità locali che dovevano constatare se le opere contenevano chiarezza, verità, aderenza alle scritture. Si faceva particolare attenzione alle deformazioni, al lusso eccessivo , alle invenzioni; in particolare questo atteggiamento si intensificò con l’avvento del Manierismo e le sue modalità di presentare la realtà. Non c’erano regole ferree, ma si sollecitavano i custodi dell’ortodossia ad evitare i soggetti scabrosi o le troppe figure che finivano per snaturare il senso mistico degli episodi narrati. Avvenne così ad esempio che Daniela da Volterra fu incaricato di velare con le brache a secco tutte le “vergogne” del Giudizio Universale di Michelangelo.

La cosiddetta Arte della Controriforma è fortemente compressa , costretta a fare grande attenzione e a non superare i limiti stabiliti dalla Chiesa. Allora ci si sbizzarrisce nell’invenzione, sono sempre più spinti i virtuosismi, si punta sull’abilità compositiva, sulla scenografia, gli sfondi architettonici che devono essere sempre presenti, il quadro deve essere finito, si gioca sull’apparato ornamentale, su medaglioni e volute, sugli ornamenti araldici, sui richiami alla scultura greca e romana, sui simbolismi, sugli animali, quelli reali e quelli fantastici come i draghi e gli unicorni, sulle colonne tortili e sui capitelli compositi. I simboli, che oggi comprendiamo con grande fatica , invece erano chiari agli artisti : ad esempio la Mela spesso richiama il peccato originale, il Cetriolo la Resurrezione, il Garofano le nozze, la Ciliegia la dolcezza dei sentimenti, gli Alberi Verdi l’avvento di Cristo, quelli secchi il mondo pagano, il Drago era simbolo di forza e di saggezza e anche di fortuna, veniva assimilato al potere imperiale; l’Unicorno invece richiamava la purezza, la verginità, mentre i frutti usati spesso solo come elementi decorativi indicavano protezione, nutrimento , dolcezza, amore, virtù meritevoli del Paradiso. L’interesse dell’artista si sposta dell’oggetto reale esterno, la Natura, al soggetto che opera nell’arte, non più la conoscenza della realtà ma quella dell’Arte stessa , su cui si lavora e si modifica e si inventano soluzioni strabilianti. L’arte diventa spesso un’operazione puramente mentale e di professionismo tecnico. Le immagini naturali sono sostituite da immagini astratte, fittizie. C’è un irrigidimento in formule bizzarre, ricercate, astruse, la ricerca di originalità, partendo dal classico per arrivare ad aspetti anticlassici e antinaturalistici, con una smania di innovazioni stravaganti. Si pensi , scivolando nel campo contiguo della poesia, ai famosi versi dell’Achillini “Sudate o fuochi a preparar metalli”.

In questo periodo si lavora sulle medesime immagini, si fa riferimento al modo con cui da grandi maestri erano stati affrontati certi temi precisi, si curano le capacità tecniche . Ad esempio si studia la figura del Cristo sotto tanti diversi aspetti : Cristo giovinetto giovanile dolce , che viene incontro ; il Cristo giudice e punitore; il Cristo in compagnia dei quattro evangelisti, il Cristo con le immagini di Giuda impiccato, il Cristo trionfante. Non era certamente facile districarsi tra tante indicazioni di massima e tanti pericoli reali. Se la pittura era dichiarata morta dopo la scomparsa del più grande di tutti, l’insuperabile Michelangelo , come sosteneva Giorgio Vasari che fare? Allora si ricorreva ai manuali che insegnavano il rispetto delle regole dell’espressione (valide sia per la poesia sia per la pittura, come quelle aristoteliche della retorica Imitatio, Inventio, Dispositio,Elocutio, Actio), si studiava scientificamente la luce per mettere in risalto i corpi ( i punti di provenienza, i contrasti con l’ombra) e la pittura degli Antichi oppure come scrive in versi uno storico dell’Arte del tempo Carlo Cesare Malvasia (1616-1693) si seguivano consigli molto pratici:

Chi farsi un buon pittore cerca e desia , il disegno di Roma habbia alla mano; la mossa coll’ombrar veneziano e il degno colorir di Lombardia. Di Michel Angiol la terribil via, il vero natural di Tiziano, del Correggio lo stile puro e sovrano e di Raffael la vera simmetria. Del Tibaldi il decoro ne il fondamento, del dottor Primaticcio l’inventario e un po’ di grazia del Parmigianino.

Infine nel nuovo secolo compare, anche nel Pomarancio, un nuovo tema inaspettato : quello del Magnetismo. La calamità compare un po’ dappertutto, suscita enorme interesse, ci si chiede che cosa sia questa forza misteriosa che attrae i metalli. Il magnete simboleggia il legame tra gli Uomini e Dio, quell’amore invisibile , ma efficace e potente di Dio verso l’Umanità. E’ la vis vitalis, una sorta di anima che sta in tutte le cose. Nel Pomarancio del resto non mancarono la curiosità e gli spunti scientifici o l’attenzione alla tecnologia. Antonio Pomarancio al passo coi tempi s’interessava anche di metallurgia (fig.36 pag.98) e di colonne tortili di bronzo come si vede dai suoi disegni; colonne volute da papa Urbano VIII, quello di Galileo, realizzate poi dal Bernini nel baldacchino della Basilica di San Pietro negli ultimi anni di vita del Pomarancio. Antonio Pomarancio era interessato anche da un altro tema (fig.33 pag.74) : ad esempio nell’Allegoria di Roma e Firenze Antonio disegna il sistema geocentrico , allora vivacemente contestato da Copernico Keplero e Galileo; è curioso che l’ argomento fosse stato al centro del lavoro di un altro grande pomarancino, Antonio Santucci , che costruì dal 1588 al 1593 una “ sfera armillare”, l’oggetto ordinato da Ferdinando I dei Medici che doveva rappresentare la macchina universale del mondo secondo il sistema geocentrico.

Vorrei chiudere questa presentazione con una nota divertente, di leggerezza, un aneddoto che ho trovato nel libro e mi ha divertito. Antonio Pomarancio protesta in modo veemente con la Curia volterrana per il mancato pagamento di una “ Madonna con i Santi “ commissionatagli per la Chiesa della Leccia. Anche allora un artista aveva bisogno di quattrini per campare. Lo documenta con ironia una lapide posta nella Cappella di San Lorenzo della Chiesa dei SS. Pietro e Stefano che dice : “ Francesco Fazzuoli , Antonio Circignani e Camillo Campani quando si fé la cappella di San Lorenzo e si dipinse il coro essendo discepoli di Messer Niccolao Circignani el quale fece tal lavoro 1589” e più sotto in corsivo TUTTI SECCHI PER LO STENTO.

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.